Cronaca

Il virologo Pregliasco: “Il virus si è diffuso dagli ospedali”

La Lombardia è la regione d’Italia più colpita dal Coronavirus, con 27206 casi totali e purtroppo 3465 deceduti, molti sono ricoverati negli ospedali. L’elevato tasso di letalità nella regione (12,7 per cento) rispetto non solo ad altri Paesi (in Cina la letalità è stata del 3,8 per cento), ma anche alle altre regioni italiane (nella seconda più colpita, l’Emilia Romagna, il tasso è del 10,8 per cento) è fonte di discussione tra gli esperti e anche tra i cittadini, spaventati per un dato così elevato. Fanpage.it ha intervistato in proposito il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli studi di Milano e attuale direttore sanitario dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano.

Lo studio

“Ci sono sicuramente due opzioni – spiega Pregliasco circa il numero di contagiati in Lombardia superiore alla media – rispetto ad altre molto più teoriche come quelle legate all’inquinamento. Intanto abbiamo una popolazione con una percentuale di anziani superiore agli altri. Siamo al 23 per cento contro il 16 di altre popolazioni, anche se è vero che altre nazioni come la Francia ci assomigliano. Ma i casi sono dieci volte tanto in Lombardia! Infatti la cosa più semplice di tutte è che stiamo sottostimando il numero dei casi e quelli veri siano almeno dieci volte tanto. È normale. In ogni epidemia i casi confermati sono una minoranza, perché non tutti arrivano ad essere definiti. Ancor di più per quanto riguarda i dati lombardi, che poi rappresentano l’elemento principale del contributo di mortalità al totale dei casi. Abbiamo una serie di casi che non vengono diagnosticati, perché i tamponi nell’ultimo periodo vengono eseguiti solo a pazienti con sintomi e con necessità di ricovero, quindi la situazione è una quota dei casi più sintomatici, quindi si perde tutta una serie di altri soggetti  – tante persone che hanno sintomatologia attribuibile – ma che non hanno la conferma di diagnosi”.

Gli ospedali

“Probabilmente – spiega Pregliasco sulla diffusione del virus – abbiamo avuto qualcuno che è arrivato magari dalla Germania, come parrebbe, e che in via diretta o indiretta è stato uno dei primi infettati nel periodo in cui però non era ancora eclatante la malattia. Questo ha creato delle infezioni nel contorno delle persone che lo circondavano, ha creato una serie di casi secondari che sono rimasti nell’alveo di quei casi non gravi che all’epoca sono stati ricondotti all’influenza. Sì, poi noi abbiamo scoperto il caso uno come se fosse un iceberg: cioè una persona è arrivata, ha infettato altre non a caso nella zona di Lodi, dove c’è un centro della logistica fondamentale con tante occasioni di scambio e interscambio che giustificano anche lo sparpagliamento del virus in altre zone. Poi noi abbiamo visto il caso uno che però non era il caso uno in realtà, magari era il caso duecento, ma era il caso grave tra tanti altri banali. Gli ospedali hanno fatto da booster rispetto alla situazione”.

I tamponi

“Ora siamo arrivati a una situazione emergenziale in cui si fa il tampone – racconta Pregliasco – solo al soggetto sintomatico con necessità di ricovero. Oggi ne parlavo anche con Luca Zaia (il governatore del Veneto, ndr) e anche lui concordava sulla necessità di fare i tamponi con giudizio rispetto a una strategia epidemiologica di individuazione dei casi secondari e quindi di tracciamento di una possibile diffusione. Ora speriamo che i dati arrivati negli ultimi giorni con un decremento dei contagi siano un bel segnale e che non ci sia una doccia fredda oggi, perché il rischio è un po’ quello. Questa settimana, sarà decisiva”.

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