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Prove Invalsi, “frutto velenoso di una scuola che non va”

Scuola Bene Comune lancia l'allarme

“La prova Invalsi, unica per tutto il territorio nazionale, e questa è un’astrazione, esca definitivamente non solo  dalle prove di esame della scuola secondaria di primo e di secondo  grado, ma esca tout court dalla scuola italiana”. A chiederlo a  gran voce Libero Tassella, SBC.

 

La “lotta”

“Sia svolta eventualmente a campione – propone Tassella – a metà anno scolastico, corretta a livello centrale e somministrata da esterni alla scuola. Ma solo per individuare i bisogni educativi differenziati delle singole  aree del Paese,  per ridistribuire gli investimenti sull’istruzione dove si fanno parti uguali tra disuguali. O ancor peggio parte disuguali tra disuguali a svantaggio della scuola del Sud e delle aree depresse del Paese e delle classi sociali più  deboli del Paese. Dobbiamo intraprendere una dura lotta culturale, politica e sindacale,  affinché sia raggiunto questo obiettivo. Le prove, ridotte a quanto detto, dovranno dare un semplice  quadro statistico delle scuole del Paese, ma non dei ragazzi e delle ragazze o ancor  peggio degli insegnanti”.

Cosa fare

“Che fare contro gli Invalsi? Oggi si è  fatto molto poco oltre ad esprimere dissenso da parte di una minoranza dei docenti e della comunità  educante, non si è fatto nulla. L’ espressione del dissenso verso questa pratica, un dissenso  molto diffuso  nella scuola  ma che purtroppo  è  stato espresso  solo da una minoranza politicamente orientata con scioperi dallo scarso seguito e dagli studenti della secondaria di secondo grado che hanno inserito un no all’ Invalsi nelle loro piattaforme autunnali di occupazione delle scuole. Oltre a formule di effetto no all’Invalsicomio in questi anni non si è  andato avanti. La gran massa degli insegnanti ( 800.000), si è  lamentata soprattutto per i carichi aggiuntivi di tipo  burocratico ( correzione e tabulazione)  ma presto si è  piegata ed è  rimasta del tutto indifferente”.

I risultati della lotta

“Ovviamente i risultati di questa lotta sono stati del tutto insufficienti, le prove Invalsi proseguono imperterrite  e intanto hanno inquinato tutto  il processo di apprendimento/ valutazione all’interno delle scuole.  Si fa scuola in funzione di queste prove. I libri di testo sono costruiti tenendo conto di queste prove. Nelle scuole è  entrato l’uso dei quiz al posto delle pratiche di lettura e  scrittura, di esposizione e  comprensione rielaborazione e riflessione critica. Pratiche non conformi alla scuola addestramento. Da qui i risultati dell’analfabetismo funzionali che sono registrati allorché si esce dalle scuole per inserirsi nel mondo del lavoro o intraprendere gli studi universitari. E allora, ripetiamo la nostra domanda, che fare”?

La “disobbedienza civile”

“Bisogna arrivare alla disobbedienza civile, con l’unità di tutti, docenti ma anche dirigenti scolastici, famiglie e studenti. C’è la necessità di reagire a questa impostazione neo centralista di una scuola autonoma, una scuola per scelte governative. Mancanza di investimenti nei decenni,  non omogenea nelle  regioni e nelle singole regioni  stesse  tra province e/o delle aree metropolitane, all’interno di questa scuola si inseriscono le prove Invalsi. Uno strumento reazionario  per fotografare la realtà  non per cambiarla, ma per lasciarla così come essa è. Una scuola che, promuovendo tutti, conferma tutte le differenze sociali e territoriali”.

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