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Maestra chiede ad alunni di votare sua foto in costume su Instagram, scoppia la polemica

La maestra di 23 anni ha chiesto agli studenti di votare una sua foto in costume su Instagram.

Sta facendo discutere la storia di Anna, maestra di 23 anni all’inizio della sua carriera, con l’abilitazione per insegnare solo da pochi mesi quando conosce la sua prima classe, la quinta B di una scuola elementare in zona Montesacro, quadrante nord est di Roma. Insegna italiano e storia. E con i suoi alunni, tutti decisamente vivaci, instaura un rapporto molto diretto, tanto che dà ai ragazzini il suo contatto di TikTok, e molti si divertono a seguirla e a mettere ‘like’ a tutti i suoi video. Una libertà giudicata “discutibile” da diversi genitori. Il gioco comunque va avanti, e i bambini si affezionano sempre di più.

Dopo alcuni mesi la supplenza di Anna finisce. Gli alunni sono dispiaciuti, tutti le scrivono delle lettere di addio e lei risponde con altrettanto affetto e tenerezza. Ma in realtà Anna non scompare dalle loro vite. Come riporta Repubblica, il rapporto è così stretto che l’insegnante apre una chat su Whatsapp per rimanere in contatto con i suoi ragazzi. O almeno con quelli che hanno il cellulare. E sono la maggioranza. E sulla chat, a un certo punto, fa una richiesta precisa: “Partecipo a un concorso fotografico, votatemi su Instagram“. La foto in questione la ritrae su una spiaggia, con un costume bianco intero. I capelli castani sciolti sulle spalle, una gamba appoggiata sulla sabbia, l’altra tirata leggermente su. Alcune mamme sono scandalizzate. “Una maestra deve fare la maestra – sbottano – deve educare, non comportarsi da pari. E certamente non deve approfittare del suo ruolo”.

“Ma se oggi chiede di votare una foto – si domanda un papà – domani cosa potrà chiedere ai suoi studenti?”. Mentre un’altra mamma commenta: “Lei rappresenta l’autorità, anche se attualmente non insegna più ai nostri figli. I ruoli sono importanti e i bambini devono imparare a riconoscerli. L’autorità deve essere sempre rispettata. Così facendo diamo loro un messaggio confuso. L’autorità non esiste più, gli alunni sono autorizzati a non considerarla tale. È tutto sbagliato. Ma loro, da soli, non possono capirlo”.

 

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