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Giacomo, studente dell’anno: “Ridateci la scuola, è la nostra porta verso la libertà”

Scrisse una lettera alla scuola (poi diventata virale) nel primo lockdown in cui dava voce ai ragazzi chiusi nelle loro stanze e colpì l’attenzione del presidente delle Repubblica Mattarella che gli rispose.

E per questo ora Your Edu Action (www.youreduaction.it), organizzazione che si occupa del mondo della scuola e della qualità dell’insegnamento, lo ha premiato come migliore studente dell’anno.

Giacomo Bertò, 17 anni, autore di un blog (“Pensieri&parole”) e un libro (“Jackyc’è”), frequenta la quarta del liceo classico Arcivescovile di Trento. E’ stato intervistato da Ilaria Venturi per Repubblica.

Sorpreso da questo premio?

“Non me lo aspettavo e ne sono felicissimo. Ma non pensate che io sia un secchione, ho la media del sette perché la matematica non è il mio forte. La motivazione del riconoscimento sta nel avere svolto un ruolo nella scuola con maggiore animosità”.

Eppure la scuola all’inizio non è stata semplice.

“Alle elementari e poi alle medie sono stato vittima di bullismo e cyberbullismo, ma ne sono uscito chiedendo aiuto e con la scrittura. Fondamentale è stata per me una prof di Lettere alle medie”.

Durante il primo lockdown ha scritto una lettera d’amore alla scuola che era stata chiusa, dando voce a ciò che voi ragazzi, così poco ascoltati, stavate vivendo. La scriverebbe ancora?

“Sì non cambierei una virgola, lo ripeto: una scuola chiusa è un mare di opportunità rubate. Spero che questo ora sia stato compreso. La scuola per me è una Ferrari, solo che è ridotta a un rottame perché per troppo tempo non è stata curata, sarebbe ora di farlo. Nel primo lockdown non ci hanno considerato, nel secondo è andata anche peggio, anche se noi eravamo più preparati. Noi vorremmo che qualcuno ci ascoltasse e che capisse il valore che la scuola ha per noi. Certo, magari diciamo di odiarla, ma in fondo l’amiamo perché con le lezioni a distanza la lavagna non c’è più, non c’è il mio vicino di banco, tutto è tanto, troppo lontano. Perdi gli sguardi dei prof e poi, dove è la mia bidella preferita? Noi vogliamo tornare”.

Un appello al governo e alle Regioni per rientrare il 7 gennaio?

“Ci conto e ci spero, salvaguardando la salute. Per noi la scuola è in presenza. Ora ci dicono tutti di guardare al futuro, giusto. Ma non lo puoi fare senza un presente stabile. Quello che chiediamo, che significa tornare tra i banchi”.

Il suo sogno?

“Ho la passione per la scrittura, ero in seconda elementare quando aprivo il pc dei miei genitori perché volevo scrivere il mio primo libro. Vorrei fare lo scrittore, e un libro l’ho scritto poi da adolescente, o il giornalista. Mi considero un sognatore ad occhi aperti, educato al valore del rispetto e del sacrificio. La mia filosofia di vita è: se hai un sogno nel cassetto non lasciarlo ammuffire”.

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