Cronaca

Anni di promesse mancate ma lo sciopero fa scattare “la caccia all’insegnante”

Anni di promesse mancate, miliardi promessi, banchi nuovi, contratti, mascherine e gel. «Questo è il momento per investire seriamente nella scuola». Parola del premier Conte. Peccato lo abbia detto anche altre volte in due anni di Governo. Il 9 settembre Conte e Azzolina hanno affermato che dall’inizio del 2020 sono stati investiti sulla Scuola sette miliardi (cifra contestata da “Pagella politica”, testata specializzata in “fact-checking”, ossia verifica dei fatti). Seppure la cifra fosse corretta, sarebbe solo una parte (piccola) del necessario.

Tagli e promesse mancate

Dopo 30 anni di tagli che hanno spolpato l’istruzione italiana, di miliardi ne servirebbero molti di più: almeno sei per il rinnovo del contratto (scaduto dal 2018, con stipendi pari a quelli degli “operatori ecologici”, più ricchi grazie agli straordinari). Altrettanti miliardi urgono per assumere quei 200.000 docenti che eliminerebbero le classi pollaio e quei 50.000 ATA che farebbero funzionare le scuole (a fronte delle 300.000 cattedre e dei 70.000 posti ATA soppressi in 30 anni). Il doppio non basterebbe per l’edilizia scolastica (per la quale nulla si è fatto durante i sei mesi di chiusura delle scuole).

Insegnanti irresponsabili?

Il tam-tam mediatico sullo sciopero degli insegnanti è cominciato. Spesso senza spiegare a fondo le ragioni di chi sciopera, e sottolineando i terribili “disagi” per l’“utenza” danneggiata dai feroci scioperanti, assetati di disordine e indisciplina “in tempo di pandemia”. «Non c’è pace per la scuola italiana», lamenta “FanPage”, aggiungendo altre infauste profezie di Giannelli sul duro destino dei genitori danneggiati dagli scioperi: «Se non sanno come sistemare i figli, se non hanno chi può badare a loro, non riescono a organizzarsi. Devono assentarsi dal lavoro e non sempre è possibile». In una logica che fa della Scuola prima di tutto un parcheggio per i pargoli senza babysitter, non l’istituzione che cura l’istruzione dei cittadini. Non importano quindi gli anni di promesse mancate e di una disorganizzazione che è diventata la regola.

I disagi

I docenti, oberati da DaD, regolamenti antipandemia e calunnie varie, non ne possono più. Molti tuttavia non sciopereranno, alcuni un po’ per risparmiare la trattenuta per sciopero (in nome del motto «meglio l’uovo oggi che la gallina domani»). I disagi restano, le promesse mancate pure, ma ora la colpa sembra ricadere pure sui docenti che non dovrebbero neppure lamentarsi secondo certa stampa. Molti altri, al contrario, sciopereranno e si faranno sentire in piazza, convinti che non si può insegnare educazione civica senza prendersi le proprie responsabilità di docenti, lavoratori, cittadini. Resta da vedere se tutte le promesse mancate – almeno in tempi di Covid – riusciranno ad essere mantenute, almeno in parte.

 

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