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Gli investimenti su Scuola e Universita` si confermano in calo: i dati del rapporto Svimez

Gli investimenti per la Scuola e l’Università si confermano in calo, soprattutto al Sud. Lo dice, chiaramente, il rapporto Svimez 2019 sull’economia e la società del Mezzogiorno, presentato a Montecitorio, a Roma. Proprio nelle ore in cui la manovra inizia al Senato il suo percorso parlamentare.

Istruzione, Innovazione, Ambiente e Lavoro risultano tra le priorità emerse dal Rapporto nazionale, con il dato sulla formazione dei giovani che risulta ormai collocato stabilmente tra i comparti che riservano risparmi pubblici.

Marcello Pacifico, presidente Anief, rivendica “organici aggiuntivi per gli istituti collocati in zone ad alto rischio dispersione scolastica. L’eliminazione delle classi pollaio, ad iniziare da quelle con alunni disabili e con problemi di apprendimento. Laddove gli enti locali e i territori non danno alcuna spinta agli istituti scolastici, è indispensabile che nella scuola si agisca introducendo propri anticorpi. Come gli organici maggiorati, anche di personale Ata che in condizioni sempre più sottodimensionate svolge un prezioso lavoro di raccordo e di sorveglianza. Il ritorno delle compresenze, l’ampliamento del tempo pieno, l’eliminazione dell’organico di fatto. E la riduzione del numero di alunni per classe. Si deve poi prevedere, inoltre, uno stanziamento di risorse straordinarie. Anche per favorire l’orientamento, considerando il sempre troppo alto numero di abbandoni precoci dei banchi. Sono tutte disposizioni che necessitano di investimenti corposi. E non di certo dei tagli al settore previsti fino al 2035”.

Sulla scuola non ci sono inversioni di tendenza. Scorrendo i dati forniti oggi attraverso la ricerca annuale dello Svimez, risulta che in Italia la spesa per l’istruzione si riduce con una flessione del 15% a livello nazionale. Di cui il 19% nel Mezzogiorno e il 13% nel Centro-Nord. Nel Mezzogiorno solo poco più di 3 diplomati e 4 laureati su 10 sono occupati da uno a tre anni dopo aver conseguito il titolo. Prosegue l’abbandono scolastico, nel 2018 gli early leavers meridionali erano il 18,8% a fronte dell’11,7% delle regioni del Centro-Nord. Per di più al Sud il 56% delle scuole ha bisogno di manutenzione urgente.

Il rapporto 2019

Il rapporto Svimez, quindi, è un altro ulteriore tassello che conferma i passi indietro degli ultimi Governi sull’istruzione nazionale. Passi che hanno già avuto i loro importanti negativi effetti sulle scuole più esposte alle difficoltà. Ad iniziare da quelle territoriali. Laddove vi è carenza di agenti culturali, soprattutto al Sud, le competenze degli alunni risultano decisamente indietro. Come certificato dai dati Invalsi, pubblicati ad inizio estate. Una tendenza sulla quale pesano anche il numero eccessivo di alunni per classe. Che quando superiore ai 22-23 o ai 20. In caso di presenza di alunni disabili, non permette all’insegnante di incidere con alta efficacia nella formazione. La bassa presenza di tempo pieno, l’alto numero di docenti precari, in particolare di sostegno. E la scarsità di risorse umane, in organico, indispensabili per attuare la didattica con successo in determinate condizioni.

Nessuna inversione di tendenza

Pensare di invertire la tendenza mantenendo in vita il trend negativo di investimenti, considerando che nei prossimi decenni, per ammissione dello stesso ministero dell’Economia, la spesa pubblica per l’Istruzione rispetto al Pil sarà in continuo calo almeno fino al 2035, passando dal 4% al 3,2%, per poi risalire, ma solo leggermente, fino al 3,4% almeno fino al 2060. Nulla di nuovo, quindi, all’orizzonte.

A questo proposito, Anief ricorda che in Italia, tra il 2005 e il 2013, le somme spese per l’istruzione rispetto al Pil sono risultate in evidente calo, confermando i dati Eurostat, secondo cui l’Italia si trova all’ultimo posto per la spesa pubblica destinata alla formazione tra i paesi UE: 7,9% nel 2014, a fronte del 10,2% medio. In questo disegno, orientato al risparmio, rientrano il dimensionamento scolastico, con 4mila istituti autonomi tagliati su 12mila, l’aumento progressivo del numero di alunni per classe, gli incessanti tagli operati dagli ultimi governi, anche nei confronti degli enti locali; per non parlare, poi, dei sempre “magri” stipendi di docenti, Ata e dirigenti scolastici.

COMUNICATO STAMPA ANIEF

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