Normative

Cosa fare se il prof è vittima di cyberbullismo? La scuola ne è responsabile

Cosa fare se il prof è vittima di cyberbullismo? La legge 71/2017 ha individuato la scuola come entità cardine per la prevenzione del cyberbullismo, anche attraverso lo strumento dell’educazione digitale. La legge non ha introdotto un nuovo reato di cyberbullismo, bensì si è limitata a rafforzare le forme di tutela, prescrivendo l’obbligo, per ogni scuola, di nominare un referente e prevedendo una serie di strumenti nuovi (ad esempio, l’ammonimento del questore), per arginare gli effetti delle condotte già in essere.

I dati sul cyberbullismo

Dai dati diffusi nel 2019, e relativi al 2018, i reati più frequenti, consumati attraverso con i prof vittima di cyberbullismo: diffamazione aggravata (109).
minacce e dalle molestie (122).
sostituzioni di persona (60).
estorsioni sessuali (43).
diffusione di materiale pedopornografico legate al fenomeno del sexting (28 casi denunciati nei primi cinque mesi del 2019, 40 in tutto il 2018).

Il ruolo della scuola

La scuola è stata indicata, dalla legge n. 71, come l’entità preposta a formare i ragazzi anche in tema di educazione digitale. In linea con le finalità preventive, espresse dalla legge, l’intervento dovrebbero avvenire prima che i fatti si evolvano in reati veri e propri. Seppur gli eventi di cronaca (che spesso sfociano in casi giudiziari) dimostra che non sempre è possibile. Soprattutto quando sono i prof vittima di cyberbullismo. Nonostante gli strumenti messi a disposizione dell’ordinamento, deputati a facilitare l’emergere degli episodi, si registra ancora un certo grado di omertà, e talvolta anche una certa vergogna. Va al contempo precisato che, pur se gli episodi si sono verificati al di fuori dalla scuola, tuttavia maturati all’interno della classe, possono sfociare in una responsabilità dell’istituto stesso (come sentenziato dal Tribunale di Roma, n. 6919 del 4 aprile 2018).

La regolamentazione sull’impiego degli smartphone

Anche nell’ambito della propria autonomia, ogni istituto può regolamentare l’impiego degli smartphone durante l’orario scolastico, quindi comminare le sanzioni ritenute opportune, che ovviamente devono essere previamente contemplate dal regolamento di istituto. La cronaca degli ultimi mesi ha riportato sempre più spesso vicende di cyberbullismo che hanno visto come vittime le persone istituzionalmente preposte sul fronte preventivo e difensivo, quindi a contrastare e combattere il fenomeno, come i docenti. I bulli, privi di timore alcuno per le conseguenze a cui potrebbero andare incontro, prescelgono come bersaglio il personale scolastico, rendendolo oggetto di derisione sulle chat e sui social.

Gli strumenti di tutela dei docenti

La Legge n. 71, nella sua genericità. non contempla tutela alcuna in favore degli stessi, i quali, armati degli strumenti “tradizionali”, dovranno far presente gli accadimenti, unitamente alle relative prove, sia al responsabile gerarchico (Dirigente Scolastico) che al referente. Quest’ultimo, infatti, pure avvalendosi della collaborazione delle Forze di polizia nonché delle associazioni e dei centri di aggregazione giovanile presenti sul Territorio, risulta deputato, ai sensi dell’art. 4, comma III, della Legge n. 71, a coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo. Per l’effetto saranno attivate le iniziative del caso, comprese quelle di natura disciplinare.

La denuncia penale

Quando i fatti rientrano nell’alveo della penalità (cioè fatti che costituiscono veri e propri reati penali, quali lo stalking, la minaccia, la violenza privata, e via di seguito), il docente vittima di cyberbullismo, oltre a informare gli organi della scuola, dovrà sporgere la denuncia alle autorità competenti. Qualora le indagini sfocino con un rinvio a giudizio, le conseguenze per i giovani ritenuti responsabili penalmente sono diverse a seconda dell’età. Se il minore non ha ancora compiuto i anni 14, non risulta imputabile penalmente, ma può essere riconosciuto socialmente pericoloso ad opera del giudice minorile. Solo in tal caso possono essere comminate delle misure di sicurezza (libertà vigilata o collocamento in comunità). Se il minore ha già compiuto i 14 anni (ma non ancora i 18 anni) risulta imputabile se viene dimostrata la sua capacità di intendere e di volere, pertanto sarà processabile e condannabile.

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