AperturaCopertinaNewsOpinioniPRIMO PIANOULTIMEUncategorized

Università La Sapienza. Uno sguardo libero all’uomo e alla società

Università La Sapienza. Uno sguardo libero all’uomo e alla società

Innanzitutto ringrazio per l’invito a questo incontro, in una sede così prestigiosa e così significativa
per l’Italia, la sua storia, la sua cultura. Una storia, quella dell’Università La Sapienza, che affonda le
sue radici nel Medioevo e che, attraverso i secoli, è arrivata sino a noi. Mi sia consentito, poi, in
questi giorni, a poca distanza dall’anniversario della strage di via Fani, il ricordo di Aldo Moro che
proprio in questa Università ha lavorato per e con i giovani.

Trovo il titolo dell’evento molto bello e illuminante: uno sguardo libero all’uomo e alla
società. Credo che esso sia uno dei titoli più belli assegnati agli eventi a cui, negli ultimi anni, ho
avuto l’onore di partecipare. Questo titolo, infatti, rappresenta per me un grido, un bisogno di una
via di fuga da un pensiero e da una mentalità dominante che non danno per nulla una prospettiva
liberante.

Purtroppo, infatti, noi lo sappiamo, spesso non compiamo scelte libere ma, nella maggior
parte dei casi, ci adeguiamo alla mentalità e alla visione comune, alla notizia che fa ascolti:
insomma, è come se fossimo tutti succubi di una ideologia. Pensiamo alla scuola che in Italia non è
libera: ci illudiamo che lo sia, ce lo fanno credere. Infatti, sino a quando i genitori non potranno
scegliere liberamente, ossia senza alcun vincolo economico la scuola che ritengono più conforme ai
propri principi, la scuola non sarà libera. Chi si accontenta, infatti, non è libero. Così come non sono
liberi i docenti di insegnare dove vogliono: se insegnano in una scuola pubblica paritaria, devono
accontentarsi di uno stipendio inferiore rispetto a quello dei colleghi della scuola pubblica statale.

A monte, tuttavia, dovremmo capire il vero significato della parola libertà. Cosa è la libertà? La mia
risposta è quella fornita dal Catechismo della Chiesa Cattolica: La libertà è il potere, radicato nella
ragione e nella volontà, di agire o di non agire, di fare questo o quello, di porre così da se stessi
azioni deliberate. Grazie al libero arbitrio ciascuno dispone di sé. La libertà è nell’uomo una forza di
crescita e di maturazione nella verità e nella bontà.

La libertà raggiunge la sua perfezione quando è ordinata a Dio, nostra beatitudine (CCC, 1731), ancora: Quanto più si fa il bene, tanto più si diventa liberi. Non c’è vera libertà se non al servizio del bene e della giustizia (CCC, 1733). Un chiarimento previo che ritengo doveroso e rispettoso per me e per voi che mi ascoltate: il mio essere una religiosa è frutto di un cammino che mi ha portato ad una scelta consapevole e meditata.

Il fatto che per me la parola libertà significhi quello che il Catechismo esprime non è frutto automatico del
mio essere una religiosa ma è conseguenza di una riflessione e di un continuo approfondimento.

Ma è per me doveroso che ognuno espliciti e dichiari la propria visione di fondo: senza imporla ma
semplicemente presentandola come propria e interiorizzata. La libertà, pertanto, per me, implica
ragione e volontà, soprattutto, implica un servizio e una maturazione verso qualcosa di positivo. La
vera libertà, pertanto, comporta, necessariamente, una responsabilità nei confronti di se stessi e
della collettività. Francamente, se l’uomo, nel corso dei secoli, avesse seguito questo pensiero,
avrebbe risparmiato a sé e ai propri simili le tragedie di cui, al contrario, è stato protagonista.

Ancora, per me la libertà è la facoltà che l’uomo ha di scegliere consapevolmente. Detto in altro
modo la libertà implica la conoscenza. Se così non fosse, la libertà si tradurrebbe in una sconfinata
gamma di scelte tutte poste sullo stesso piano tra le quali l’uomo sceglie sulla base del nulla o,
meglio, del proprio desiderio di affermarsi a scapito degli altri. Si cadrebbe pertanto in quel
relativismo che è una delle tante ideologie del nostro tempo. Avere un’idea precisa, chiara, definita
non è uno sbaglio: si cade, invece, nell’errore, quando si vuole imporre la propria idea agli altri.

Spesso si confonde l’assoluto con l’assolutismo, ma si tratta di due concetti diversi. E’ esattamente
la stessa cosa che capita quando non si distingue fra idea e ideologia: l’una è frutto di un pensiero
libero e liberante, l’altra è causa di imposizione. Cosa è subentrato nella nostra società? La paura
dell’idea in nome dell’ideologia, la paura dell’assoluto in nome dell’assolutismo. E il politicamente
corretto ha fatto il resto. Il risultato è la società liquida: va bene tutto, purchè nessuno si senta
discriminato. Ma difendere un valore non vuol dire discriminare, anzi!

Avere uno sguardo libero sull’uomo e sulla società significa allora liberarsi da tutte le sovrastrutture
di pensiero e di interpretazione della realtà che ci circondano e avere il coraggio di andare a fondo
della notizia, del problema, senza limitarsi a quello che ci viene comunicato. Credo che la prima
forma di oppressione da cui dobbiamo liberarci sia il potere dei social, dei vari mezzi di
informazione e capire come quella stessa notizia possa essere presentata a seconda delle diverse
impostazioni di pensiero. Presentiamo, invece, i fatti così come sono avvenuti, senza letture o
interpretazioni sottese: saranno poi i cittadini a farsi un’idea sulla base delle loro conoscenze e del
loro modo di interpretare la realtà. E’ un po’ quello che avviene nella scuola: è chiaro che ognuno di
noi ha una propria visione del mondo e della vita. Ma questa visione non deve essere imposta.

Il docente di qualsiasi materia deve presentare i diversi contenuti con obiettività, sicuramente
esternando, se lo desidera, la propria opinione e la propria visione ma senza tentare di imporla ai
discenti che saranno così posti nelle condizioni di sviluppare una propria visione. Solo così si
costruisce lo spirito critico, non pretendendo che lo spirito critico consista, paradossalmente, nell’
avere la stessa visione del docente. A volte mi domando quale sia il pensiero che caratterizza la
nostra società, quale sia la visione che l’uomo di oggi ha e dà di se stesso, in quale idea l’uomo trovi
un comune denominatore. Mi rendo conto che, purtroppo, è ormai impossibile trovare un
denominatore comune.

Si dice, infatti, che la nostra società sia caratterizzata dal relativismo: nulla ha valore in sé, nulla è in grado di dare una ragione alle nostre vite. Venuta meno la fiducia nelle tre agenzie educative tradizionali (famiglia, scuola, Chiesa), i valori da esse trasmessi sono stati posti a processo e spesso condannati senza appello.

Può il relativismo condurre l’umanità al bene, ossia a qualcosa che è percepito come bello, positivo, costruttivo, capace di generare altro bene, inteso secondo il dettame della legge naturale, inscritta nel cuore dell’uomo? Evidentemente no.

L’uomo nasce con una tensione verso il bene: certo, come donna di fede, credo che questa legge naturale
sia “la luce dell’intelligenza infusa in noi da Dio nella creazione, nei Dieci Comandamenti e in Cristo,
nuovo Mosè” come scrisse San Giovanni Paolo II nella Redemptor hominis, l’enciclica inaugurale del
suo pontificato. Al contrario, il relativismo è nemico di qualsiasi progetto educativo. Un progetto
educativo che tale voglia essere realmente deve guardare alla globalità della persona umana. Allora
ritorna l’idea che uno sguardo libero sulla realtà presuppone l’interesse per la formazione dei
giovani perché abbiano tutti gli strumenti per conoscere, pensare, decidere. Giocoforza scuola e
libertà sono legate a filo doppio.

Come dicevo in apertura, mi occupo di scuola, una istituzione che è lo specchio della società. E’ per
questo che la scuola deve recuperare il proprio ruolo di istituzione in cui la cultura viene elaborata,
in cui la conoscenza, quella vera, quella che è in grado di tenere assieme passato e presente e, al
contempo, guarda al futuro, diventa il primo obiettivo da perseguire. La scuola deve essere luogo
della promozione della persona dello studente. Anche la scuola, purtroppo, lo sappiamo, ha
contribuito a ghettizzare: la scuola statale per i poveri, la scuola privata per i ricchi. Ancora: la
sezione A per i figli degli assessori, la sezione C per i figli di nessuno. Il mondo della scuola, in tutte
le sue componenti, deve riconoscere le proprie responsabilità storiche.

Come sapete, da anni mi batto per la libertà di scelta educativa, perché anche in Italia sia
riconosciuto nei fatti ai genitori il diritto di scegliere la scuola per il proprio figlio. Liberamente vuol
dire a costo zero. E’ la battaglia delle battaglie nel campo della libertà: la prima libertà che deve
essere riconosciuta è quella dell’istruzione e dell’educazione. Concepire lo Stato come unico
educatore è l’idea più antiliberale possibile. E affermare tutto questo alla Sapienza assume per me
un valore formidabile. Ritengo che la scuola, oggi più che mai, debba ricoprire un ruolo
fondamentale nella costruzione di una visione di libertà, in tutti i campi, del sapere, dell’economia,
della politica. Ma fino a quando noi adulti non saremo in grado di staccarci da tutto ciò che di
libertà ha solo la parvenza non potremo offrire una proposta credibile e continueremo a pascerci di
un’illusione.

Sr Anna Monia Alfieri

Articoli correlati

Back to top button