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Coronavirus, guarire non basta: rischio reinfezione. Lo studio: ricaduta è anche più pericolosa

Coronavirus, guarire non basta: rischio reinfezione. Lo studio: ricaduta è anche più pericolosa.

Una donna di Pozzuoli di 84 anni che mesi fa si è ammalata di Covid-19 è risultata di nuovo positiva a Sars-Cov 2. La paziente è ricoverata al Covid-center dell’Ospedale del Mare per una grave astenia e ha scoperto con sorpresa di essere positiva al tampone. Lo era già stata lo scorso 19 aprile con sintomi non particolarmente gravi, tanto che era stata curata a casa e un mese dopo, con il doppio tampone negativo, era stata dichiarata guarita. Ora però la doccia fredda. Un caso simile era successo ad aprile a Negrar in provincia di Verona quando una donna dimessa dopo la guarigione da Covid-19 si era di nuovo riammalata con febbre e tosse. Ed è notizia di oggi di un altro paziente reinfettatosi a Fondi.

Essersi ammalati, quindi,  non basta a proteggere da una nuova infezione. Il coronavirus sembra riuscire a sbaragliare anche gli anticorpi. È l’ipotesi avanzata da una ricerca italiana pubblicata secondo cui l’immunità acquisita non solo potrebbe non essere protettiva, ma potrebbe addirittura rivelarsi controproducente favorendo re-infezioni con sintomi più gravi.

Il tema della durata degli anticorpi anti-Covid è oggetto di studio in tutto il mondo ma fino ad ora nessuno ha ancora capito veramente se l’infezione da nuovo coronavirus conferisca o meno immunità permanente, o se ci sia il rischio di ammalarsi di nuovo. Il lavoro appena pubblicato è frutto della collaborazione tra colleghi italiani dell’Irccs Burlo Garofalo di Trieste ed ex compagni di corso della London School of Hygiene & Tropical Medicine. La ricerca italiana ipotizza addirittura che l’immunità acquisita non solo potrebbe non essere protettiva, ma potrebbe addirittura favorire reinfezioni con sintomi più gravi.

D’altronde sul rischio ricaduta sembrano indirizzarsi molti nuovi studi. Uno nuovo condotto dal King’s College di Londra non porta buone notizie sulla durata dell’immunità che sembra invece indebolirsi drasticamente nel giro di pochi mesi. I ricercatori hanno studiato 90 ex pazienti e hanno visto che il livello di anticorpi raggiunge il suo picco dopo circa tre settimane dalla comparsa dei sintomi per poi gradualmente diminuire. Tre mesi dopo l’infezione soltanto il 17% di chi ha contratto il virus mantiene la stessa potenza di risposta immunitaria, destinata a ridursi in certi casi fino a non essere neppure più rilevabile.

Stando alle conclusioni degli scienziati il virus potrebbe dunque tornare a infettare di nuovo le stesse persone, anno dopo anno, come accade nelle influenze più comuni. Un’ipotesi da confermare attraverso ulteriori test clinici, ma che comunque dovrà essere tenuta in considerazione anche per le implicazioni che potrà avere sull’efficacia probabilmente temporanea di un eventuale futuro vaccino.

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