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Scuola, test sierologici: In Veneto sono già 481 i positivi tra il personale scolastico

In Veneto è già tempo di primi bilanci sui test sierologici per il personale della scuola. Sono 32 mila gli insegnanti e gli amministrativi che si sono sottoposti finora al controllo sul coronavirus, in vista del ritorno a scuola in agenda per lunedì 14 settembre. «Di questi – ha detto mercoledì il governatore Luca Zaia – solo 481 sono risultati positivi e verranno ora sottoposti al tampone di verifica, per cui è probabile che il numero si abbasserà ulteriormente». Una proiezione che fa ben sperare, visto che ogni professore positivo deve essere sottoposto a quarantena fino a guarigione e, fino ad allora, va sostituito con un supplente.

La circostanza aiuta a chiarire che tipo di test vengono attualmente utilizzati e la loro affidabilità. Il primo tipo, il «golden standard», sono i tamponi rino-faringei (costo da 13 a 30 euro l’uno) che rilevano l’Rna del virus dopo essere stati processati dai laboratori di microbiologia, con più cicli di amplificazione. Questi sono i tamponi che abbiamo imparato a conoscere fino ad oggi, i più penetranti nella ricerca del virus ma anche i più «lenti» visto che per avere i risultati sono necessarie dalle 24 alle 48 ore. Poi ci sono i tamponi «rapidi» (costo 4,5 euro ciascuno), che pure vengono infilati nel naso e nella bocca ma non devono essere processati in laboratorio con le amplificazioni, perché non rilevano l’Rna ma gli «antigeni», ossia le proteine del virus, dando il risultato seduta stante, in meno di dieci minuti. Questi saranno i tamponi che verranno utilizzati nelle scuole, nel caso in cui si verifichino dei casi o, peggio, esplodano dei focolai. La loro affidabilità, superiore al 90%, unita alla rapidità d’intervento, permette infatti di evitare il caos negli istituti (il Veneto si prepara ad espletare una maxi gara di acquisto insieme ad altre 5 Regioni).

Infine ci sono i test sierologici, che, con un piccolo prelievo di sangue, sono in grado di stabilire la presenza o meno di anticorpi e dunque di dire, indirettamente, se il soggetto è stato infettato. Perché in caso di positività è necessario un secondo test, il tampone? Per due ragioni. La prima: gli anticorpi durano per mesi dopo l’infezione e dunque il soggetto ben potrebbe averli pur essendo nel frattempo guarito (si è cioè «negavitizzato»). La seconda: questi test patiscono quella che in gergo viene chiamata «cross reattività» e cioè possono segnalare l’esistenza di anticorpi legati sì al coronavirus, ma non al Covid-19 (al momento, infatti, esistono altri 4 coronavirus, banali raffreddori).

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