Prove Invalsi, perché la riforma è nel caos
Servono o non servono? La risposta non la dà neppure il ministro Fioramonti. Le prove Invalsi diventano obbligatorie per essere ammessi alla maturità 2020: la novità, introdotta dalla Legge 107/2015, cosiddetta riforma della Buona Scuola, era stata rimandata di un anno ed ora invece trova spazio nella circolare del Miur, pubblicata in queste ore sull’esame di Stato che riguarderà circa mezzo milione di maturandi. Via libera, da parte del Miur, anche all’obbligo di svolgimento delle competenze trasversali e di orientamento (ex alternanza scuola-lavoro), secondo il monte ore previsto dall’indirizzo di studi seguito.
Ma agli insegnanti la riforma non piace. Marcello Pacifico, presidente dell’Anief ha spiegato che “dal ministro Fioramonti ci saremmo aspettati più coraggio nel contrastare due provvedimenti che non portano nulla di aggiuntivo all’esame conclusivo del secondo ciclo di studi, se non tanta burocrazia inutile, la licenza a mantenere in vita una struttura, l’Invalsi, che non sembra portare alcun valore aggiunto alle scuole, e la necessità di ratificare centinaia di ore svolte in azienda spesso senza alcun progetto formativo reale. Viene poi da chiedersi come farà il Miur a gestire queste incombenze, pressoché inutili da punti di vista prettamente didattico-formativo, con le decine di migliaia di privatisti.
Il ministro dell’Istruzione ha risposto attraverso Twitter. “La valutazione è cruciale, ma deve essere non invasiva. Oltre il 90% studenti hanno svolto le prove Invalsi lo scorso anno, quindi l’obbligatorietà non è necessaria. Ma
per cambiarla serve una nuova legge, e parte della maggioranza si è opposta. Sono sicuro che gli studenti affronteranno il test con lo spirito giusto”.
Non sembrano quindi esserci i margini per cambiare la riforma, i test Invalsi si faranno e saranno precondizione indispensabile per accedere all’esame di Stato. Salvo sorprese.
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