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Bimbo disabile in classe da solo, la lotta dei genitori per l’inclusione: “La scuola adotti la nota ministeriale”“

La direzione scolastica rifiuta di aprire a un piccolo gruppo di compagni e pubblica un post (poi rimosso). Polemiche a non finire

Genitor in protesta alla scuola Piersanti Mattarella di Roma contro la didattica a distanza e la decisione dell’istituto di non andare incontro alla richiesta di adottare la nota ministeriale 662 del 12 marzo 2021.

La nota prevede che in caso di chiusura per zona rossa, sulla base della valutazione della scuola, gli alunni con disabilità possano seguire la didattica in presenza “in situazione di effettiva inclusione”. E cioè con un gruppo di compagni della propria classe. E non da soli con il supporto dell’insegnante di sostegno. L’episodio lo racconta Roma Today

La scorsa settimana Claudia (nome di fantasia) aveva proposto alla scuola, in diverse mail, di prendere in considerazione l’ipotesi di adottarla: mamma di un bambino di 6 anni con disabilità, in accordo con altri genitori si era rivolta alla direzione scolastica per chiedere che un gruppetto di compagni di classe, a rotazione, potesse andare in classe con lui, proprio come accaduto in altri istituti.

ARRIVA IL POST DI SCUSE, MA LA POLEMICA CRESCE

“Da parte della scuola non è arrivata alcuna risposta – spiega Claudia – allora abbiamo deciso di inviare una lettera al Ministero in cui spiegavamo la situazione e la richiesta di aprire la scuola a un piccolo gruppo, non soltanto a mio figlio. Che di fatto si è trovato in classe da solo. Abbiamo chiesto di provare a riconsiderare la possibilità della lezione in presenza così come stabilito dalla nota, ma la reazione non è stata quella che ci aspettavamo”.

Nel fine settimana infatti sulla pagina Facebook dell’istituto – che è poi stata chiusa – è comparso un post in cui la scuola chiede “scusa” con una serie di affermazioni retoriche, indicando nomi e cognomi dei genitori firmatari della lettera al ministero. E chiude con una frase che ha scatenato ancora più polemiche: “Vi chiediamo scusa se non possiamo più fornire un supporto da baby-sitter, ma solo un’azione educativa finalizzata agli apprendimenti. E se la nostra attenzione è esclusivamente rivolta al benessere dei vostri figli e alla crescita di tutti quanti loro senza distinzione alcuna: scusate se è questo il nostro mandato di maestre e maestri”.

SCUOLA, DOVE SI IMPARA L’INCLUSIONE

“Il post ci ha veramente demoralizzato, e fatto anche arrabbiare – commenta Claudia – La richiesta di poter tornare a scuola con un piccolo gruppo è nata sulla base di un concetto di inclusione. Che dovrebbe essere imparato anche in classe. Al centro non c’è soltanto un bambino disabile che si ritrova solo in classe. Ma un intero sistema scolastico. Che sembra non riuscire ad adeguarsi alla situazione che stiamo vivendo. Che non è semplice, è vero, ma non si può ridurre tutto ai genitori che cercano baby-sitter, come sembrava insinuare il post”.

Isolamento e lezioni a distanza, infatti, non incidono soltanto sull’apprendimento, ma anche sulla socialità dei bambini, soprattutto quelli affetti da disabilità. E se è vero che i più piccoli sono spesso considerati anche i più resilienti. Le conseguenze a lungo termine si fanno sentire. Senza un contatto e un confronto con altri bambini spesso i più fragili tendono a chiudersi ancora di più in loro stessi. E i progressi fatti rischiano di essere vanificati”.

 

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