I compiti per le vacanze, lo stress dei genitori. Lo sfogo di Polito
“Si chiamano vacanze ma non sono propriamente tali per i genitori in età scolare”. Esordisce così Antonio Polito in un fondo scritto sul Corriere della Sera in cui analizza i tanti compiti per le vacanze natalizie a cui sono chiamati non solo gli alunni, ma anche i genitori.
LO STRESS
“Intendiamoci – scrive Polito – i compiti per le vacanze ci piacciono, la scuola deve essere seria, impegnativa. Solo che non li vorremmo fare noi. Invece ci tocca e ci troviamo di fronte a un trilemma: possiamo “far fare” i compiti ai figli, “fare noi” i compiti dei figli, o “fare” i compiti dei figli. Ed è uno stress”.
“L’idea di base – continua il giornalista – è che certo deve essere una loro responsabilità, e quindi noi dobbiamo limitarci a sorvegliare, spronare e correggere. Ma non è facile a farsi come a dirsi. Ecco perché dopo aver provato per un po’ molti di noi passano direttamente al “fare” i compiti al posto dei figli. Presi dal rimorso si passa poi alla modalità più impegnativa: fare i compiti con insieme con i figli. Un lavoro tra i più complessi e richiede qualità pedagogiche che neanche i migliori di noi posseggono”.
LA RASSEGNAZIONE
“A quel punto – fa notare Polito – Natale è già passato e la Befana si avvicina, e i compiti sono ancora lì, cerchiamo un capro espiatorio, e facilmente lo troviamo. Ma insomma: non dovrebbero insegnargliele a scuola queste cose? Che fanno gli insegnanti? Perché mai mio figlio dovrebbe andare a ripetizione privata di italiano se non perché la scuola è deficitaria? E come è possibile che pure l’insegnante di ripetizione gli dia i compiti a casa? Ce l’avete tutti con me?”
“Poi però – conclude rassegnato il giornalista – torni in te, ti dici che l’educazione richiede pazienza, tolleranza, intelligenza. Che affrontare le cose di petto con i ragazzi non funziona perché sennò si ostinano, e avendo una disponibilità di tempo illimitata rispetto alla tua non ti conviene ingaggiare un braccio di ferro perso in partenza. Allora indossi il tuo migliore sorriso, ti fai una camomilla, e senti la tua voce che dice: allora vogliamo fare questi compiti?”.
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