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L’orientamento scolastico secondo Max Bruschi: una riflessione sulla scuola secondaria di primo grado e il liceo classico

Max Bruschi, ispettore scolastico ed ex capo dipartimento al Ministero dell’Istruzione, ha recentemente condiviso con un post su Facebook le sue riflessioni sull’orientamento scolastico in uscita dalla secondaria di primo grado e sul liceo classico. Le sue parole offrono uno sguardo approfondito su questi temi, spesso trascurati nel dibattito pubblico.

L’orientamento scolastico: una questione di qualità

Secondo Bruschi, l’orientamento al termine del primo ciclo non è una novità. Tuttavia, la sua efficacia dipende da come viene gestito. Può essere articolato in modo accurato e personalizzato, identificando non solo il percorso, ma anche l’istituzione scolastica ideale per ogni studente. Oppure può essere gestito in modo superficiale e abitudinario, seguendo modelli standardizzati che rischiano di ridurre gli studenti a semplici numeri in una gerarchia piramidale: liceo, tecnico, professionale.

La scuola secondaria di primo grado: un percorso orientativo

L’idea della scuola secondaria di primo grado come percorso orientativo risale alla legge 1º luglio 1940, n. 899, parte della Carta della scuola di Giuseppe Bottai. Questa legge, dedicata all’unificazione dei vecchi gradi inferiori canalizzati della riforma Gentile in un unico percorso, stabiliva che la Scuola media, con i primi fondamenti della cultura umanistica e con la pratica del lavoro, saggiava le attitudini degli alunni, ne educava la capacità, e in collaborazione con le famiglie, li orientava nella scelta degli studi e li preparava a proseguirli.

Il liceo classico: una questione di disciplina

Bruschi sottolinea che, sia allora che oggi, l’orientamento non è un momento finale che può essere decontestualizzato. È l’esito di un processo di apprendimento, prima ancora di essere correlato alle inclinazioni. E qui sta il nodo. Chi ha raggiunto un buon livello di apprendimento nelle discipline oggetto di studio ha maggiori possibilità di fare una scelta consapevole e di successo.

Il Liceo Classico non è più difficile

Bruschi sottolinea che il liceo classico non è più difficile di altri percorsi o che richieda più studio. Quasi ogni percorso ha una quota di discipline “nuove”, peculiari di ciascun indirizzo. Ma alcune di queste, segnatamente il greco e il latino, richiedono competenze di base che non sono recuperabili.

La flessione nelle iscrizioni al classico nasce nel primo ciclo

La flessione nelle iscrizioni al classico è strettamente correlata a ciò che si fa, o non si fa, nel primo ciclo. Nasce nel primo ciclo. Sottolineo primo ciclo intero, e non secondaria di primo grado, cui di solito si getta la croce, perché l’insufficienza negli strumenti nasce da prima e poi si perpetua anche perché, in alcuni casi, non può non perpetuarsi.

L’importanza dell’esercizio della composizione scritta

Nasce dall’uso compulsivo delle schede fotocopiate e dei correlati “quadernoni ad anelli”. Nasce dal mancato esercizio continuativo della composizione scritta che significa anche e soprattutto esercizio della capacità di articolare un pensiero.

La scarsa padronanza nella lingua italiana si riverbera anche negli altri percorsi

Ovviamente, la scarsa padronanza nella lingua italiana si riverbera anche negli altri percorsi, in misura minore o maggiore, ma al classico è più evidente e catastrofica, direi esiziale, proprio per la natura delle sue discipline di indirizzo e dei risultati di apprendimento richiesti dagli ordinamenti.

La conclusione di Max Bruschi: tornare alle basi

In queste settimane di «dibbattito», sulla supposta crisi del classico, Bruschi ha sentito di tutto. Tuttavia, fa suo il precetto andreottiano, secondo il quale è opportuno parlare solo di cose di cui si può dir bene. Anche se la tastiera gli prude, si tace e invita a ripartire dal primo ciclo, a tornare alle basi, a imparare a camminare e a fare a meno degli orpelli.

Ci sono maestre e maestri, professori e professoresse che ottengono ancora oggi risultati ottimi e i cui allievi padroneggiano bene la lingua italiana: qualcuno meglio, qualcuno peggio, ma mai sotto la soglia. È una padronanza che dona loro la libertà di scelta. Spesso questi insegnanti si sentono soli e soprattutto pressati. Bruschi li invita a resistere. Perché a volte il buon esempio contagia e perché la loro libertà di insegnamento crea la libertà dei loro alunni.

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