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Scarpellino: il Dirigente Scolastico non può e non deve “atteggiarsi” a Dirigente d’Azienda caricando il personale e gli alunni di compiti impropri

Riportiamo le dichiarazioni di Scarpellino durante l’evento “Design, tradizione e artigianato tra Italia e Spagna” organizzato dall’Istituto Cervantes di Napoli, l’Accademia delle Belle Arti di Napoli e la Fondazione Foqus:

Gli Istituti Tecnici e Professionali costituiscono un segmento formativo rilevante dell’istruzione secondaria di

secondo grado e sono finalizzati ad integrare le conoscenze e competenze di base (istruzione generale) con

quelle di indirizzo relative ai diversi settori produttivi e di servizio, con una caratterizzazione fortemente tecnica

ed operativa.  Questo significa che sono prevalentemente orientati all’inserimento lavorativo – anche nel breve e

medio termine – dell’alunno che, al termine della scuola secondaria di primo grado, sceglie di frequentare questa

tipologia di Istituto. 

Naturalmente, l’offerta educativa e didattica deve essere coerente con i bisogni formativi sia dell’alunno stesso

che delle realtà produttive (piccole e medie imprese, mondo dell’artigianato, grandi aziende) nelle quali lo

studente ambisce a collocarsi.

Per conseguire tale scopo, la progettualità delle scuole deve incontrare, se si vuole collocare nell’ottica

dell’efficacia, la domanda di formazione delle aziende. Si tratta, dunque, di creare una giusta sinergia tra le realtà

produttive esterne alla scuola e le strategie formative all’interno della scuola stessa.

Lo strumento per eccellenza, che è parte del PTOF dell’Istituto, è il PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e

per l’Orientamento), l’ex Alternanza Scuola Lavoro (ASL) per intenderci.

Con la Legge 107/2015, l’ASL è diventata parte integrante ed obbligatoria del curricolo registrando, a mio parere,

un salto di qualità perché si è passati da un approccio più “scuolacentrico” e didattico-orientativo, ad un

approccio maggiormente eterodiretto e finalizzato a valorizzare gli ambienti di apprendimento delle realtà

lavorative territoriali nelle quali gli alunni probabilmente si troveranno ad operare.

Questo ha richiesto un ulteriore ripensamento della didattica in una chiave più esperienziale e cioè

maggiormente centrata “sull’apprendimento autonomo degli studenti, in quanto capaci di integrare gli

apprendimenti maturati nei contesti formali (scuola) e in quelli non formali (luoghi di lavoro), soprattutto in vista

di promuovere competenze utili sia per la cittadinanza che per l’occupabilità” (A. Salatin, Scuola 7-124).

L’ASL, poi, è stata ridefinita come PCTO con una riduzione del monte ore minimo e dei fondi; non è questo il luogo per esprimere  pareri sull’efficacia/opportunità o meno di questa ridefinizione-riduzione dell’ASL: qui preme sottolineare, soprattutto, che la valenza formativa dei percorsi nei quali l’alunno possa sperimentarsi al di fuori dell’aula scolastica in un ambiente lavorativo significativo, in termini di costruzione delle competenze resta sostanzialmente immutata ed indispensabile sia dal punto di vista orientativo sia dal punto di vista tecnico-operativo.

In fin dei conti, sembra di capire che le imprese, piccole o grandi, artigianali o teconologico-industriali, non pretendono che la scuola fornisca il “prodotto finito”, cioè uno studente già formato e pronto da impiegare sul posto di lavoro,  ma un allievo che possegga le conoscenze e competenze di base e trasversali, indispensabili per completare l’iter formativo sul luogo di lavoro, nell’ottica di un’occupabilità più efficace anche nel breve periodo.

E’ questa, a mio parere, la vera sinergia tra Scuola ed Azienda, che può essere identificata nei seguenti punti:

  1. Ulteriore implementazione dell’autonomia scolastica con uno sguardo più attento alle effettive realtà produttive ed artigianali del territorio ed una maggiore semplificazione burocratica;
  2. Individuare le imprese e le partnership più affidabili e meno improvvisate per evitare che la formazione in ambiente lavorativo diventi non significativa per gli alunni;
  3. Programmare in modo condiviso ed integrato la didattica tra scuola ed azienda, funzionale al buon esito del percorso scelto dall’ Istituto con l’Azienda oppure l’impresa artigiana.

Come si può facilmente comprendere, da queste brevi note, qui non si tratta di creare una commistione tra Scuola e Azienda, si tratta piuttosto di creare le condizioni per cui, all’interno di un progetto comune e condiviso, sia l’una che l’altra possano ognuno fare la propria parte.

Per fare questo, però, è imprescindibile che questi due attori si conoscano meglio, al di là di ogni pregiudizio reale o immaginario, e soprattutto che si ponga sempre al centro del processo l’alunno, le sue aspirazioni e le sue ambizioni evitando le commistioni cui accennavo prima.

E cioè che il Dirigente Scolastico non può e non deve “atteggiarsi” a Dirigente d’Azienda caricando il personale e gli alunni di compiti impropri; allo stesso modo il Dirigente d’Azienda o l’artigiano di successo non può e non deve assumere giudizi di disconoscimento dell’efficacia dei processi educativi scolastici entrandone nel merito.

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