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Vaccino Covid, cosa succede a un dipendente che rifiuta la somministrazione? La parola agli esperti

Non c'è una normativa specifica e nessun capo può obbligare un suo dipendente. C'è anche la possibilità di una sospensione

Nessun capo può obbligare un suo dipendente al vaccino anti Covid. Non c’è una normativa specifica che regoli questo tipo di aspetto. L’azienda, in questo caso, può però sospendere il lavoratore che si rifiuta, senza diritto alla retribuzione in modo da garantire la sicurezza del resto del personale.. Lo ha spiegato a Business Insider Italia  l’avvocato Aldo Bottini “Il datore di lavoro s. i legge –  ha una doppia responsabilità, verso i dipendenti ma anche verso tutti quei soggetti che vengono a contatto con loro, dagli ospedali alle case di riposo, passando per supermercati e aziende di trasporto. La salvaguardia della loro salute è un principio fondamentale di cui l’azienda non si può disinteressare”,

“In quest’ottica, se il vaccino è considerato una misura di protezione sia personale che per la collettività, il datore può considerare il lavoratore che non si sottopone alla profilassi temporaneamente non idoneo allo svolgimento della sua mansione perché impossibilitato a renderla in sicurezza”, continua l’esperto.

VACCINO COVID, IL PREMIO AI DIPENDENTI

Il titolare dell’azienda può prevedere una serie di incentivi per convincere i dipendenti a vaccinarsi. “Per favorire la vaccinazione, le aziende possono implementare momenti formativi per sensibilizzare i lavoratori. Alcuni Paesi, soprattutto nel Nord Europa, permettono ai datori di lavoro di destinare un premio ai dipendenti che si sottopongono al vaccino, anche se potrebbe essere considerato un trattamento discriminatorio verso chi, per esempio, non può essere vaccinato”, dice l’esperto.

In alcuni Paesi, inoltre, l’inoculazione potrebbe diventare, in via temporanea durante questo periodo di emergenza sanitaria, un requisito necessario per ottenere l’impiego in determinati settori. Come quello sanitario, o per quelle professioni che richiedono un maggior contatto con il pubblico. In questo modo, il rifiuto alla vaccinazione potrebbe diventare un fattore determinante al fine di legittimare la cessazione del rapporto.

Anche in Italia, il dipendente che rifiuta il vaccino potrebbe essere spostato a lavorare da remoto. O in totale isolamento. Se la mansione glielo consente. “Ma non sempre è possibile. In questo caso. Potrebbe essere anche sospeso dalla prestazione. Senza diritto alla retribuzione”, ribadisce l’esperto. Il lavoratore, in tale caso, potrebbe contestare questa decisione in tribunale e richiedere il pagamento. E si aprirebbe un contenzioso per valutare la legittimità della sospensione.

LA NORMATIVA NEGLI ALTRI STATI

in alcuni Stati è esclusa completamente la possibilità di licenziare il dipendente che si rifiuta di sottoporsi al vaccino covid in quanto considerata illegittima: è il caso di Belgio, Irlanda, Lussemburgo, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Argentina e Messico. In altre aree del mondo, come Brasile e Austria, quella del licenziamento è un’ipotesi contemplata. Per un altro gruppo di Paesi, infine, questo provvedimento è previsto solo come ultima ipotesi, con “riferimento alle professioni ad alto rischio di contagio o dopo aver tentato l’adozione di misure di natura conservativa (mutamento mansioni, smart working)”, precisa lo studio.

L’Italia rientra proprio in quest’ultima categoria, in compagnia di Regno Unito, Germania, Olanda, Russia e Stati Uniti. Nel momento in cui il dipendente viene considerato dall’azienda “temporaneamente inidoneo” a rendere la prestazione in sicurezza per il suo rifiuto a vaccinarsi, potrebbe essere sospeso senza stipendio. “Qualora poi l’assenza dal lavoro, per il suo prolungarsi e/o per l’indeterminatezza della sua durata, arrechi pregiudizio all’organizzazione aziendale, è ipotizzabile il licenziamento per giustificato motivo oggettivo“, si legge nello studio.

VACCINO COVID, LA PROTEZIONE DEI DATI SANITARI

Un altro tema collegato è quello della protezione dei dati sanitari dei lavoratori. L’azienda può chiedere ai dipendenti conferma dell’avvenuta vaccinazione e magari pretendere la certificazione? A questa domanda ha provato a rispondere il garante per la protezione dei dati personali, in un esercizio di bilanciamento tra tutela della salute e tutela della privacy. “L’informazione relativa alla vaccinazione del lavoratore non può essere trattata dal datore di lavoro direttamente. Solo il medico competente può trattare i dati sanitari dei lavoratori”, spiega l’avvocato Aldo Bottini.

IL GARANTE DELLA PRIVACY

In altre parole, secondo il Garante, il datore non può chiedere direttamente al dipendente informazioni o documenti relativi all’avvenuta (o meno) vaccinazione. E non può neppure chiedere al medico competente i nominativi del personale vaccinato:. “Nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica, solo il medico competente può accertare se c’è stata o meno la vaccinazione. Quest’ultimo, inoltre, potrà comunicare al datore di lavoro solo l’esito di tale valutazione-. E quindi il suo giudizio di idoneità/inidoneità alla mansione”,

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