Opinioni

Ocse e lettura, D’Avenia: Il problema non è la scuola ma un mondo refrattario all’impegno

Ocse e lettura, D’Avenia: Il problema non è la scuola ma un mondo refrattario all’impegno

L’importanza della lettura, ma anche un’analisi diversa delle colpe della scuola. L’intervento di Alessandro D’Avenia sul Corrieredellasera offre uno sguardo meno appiattito sulla polemica legata ai dati Ocse e la capacità di apprendimento dalla lettura da parte degli studenti.

I recenti risultati dei test Ocse -Pisa, che hanno valutato le competenze di lettura di studenti di 80 Paesi, dicono che i nostri quindicenni faticano a comprendere un testo. I toni allarmistici di questi giorni, incolpando la scuola, non centrano il versante politico di un problema noto da almeno 40 anni. Che quasi l’80% dei ragazzi raggiunga solo il livello minimo richiesto per la comprensione di un testo è un risultato più o meno stabile da tempo. Siamo in «stagnazione culturale» (e quindi economica) da anni ma l’agenda politica sulla scuola non reagisce né cambia: la formazione incide poco sulle situazioni socio-culturali svantaggiate e conferma i divari di partenza.

Insomma, per l’insegnante-scrittore il problema non sta nell’attualità, ma risiede in un progetto culturale ben più antico. In un modus vivendi che rigetta la cultura e la lettura dei libri che un po’ l’impersonificano.

La faticosa «presa» sulla realtà (osservazione della natura, riflessione sui libri) è l’unica resistenza alla dittatura del piacere apparente, il tutto-subito-e-facile a cui educhiamo «istintivamente» i giovani. La ricerca di sensazioni sostituisce la ricerca di senso: i libri hanno pagine impegnative, le rose hanno le spine, i cellulari no. E che cosa regaliamo a un bambino di 10 anni? Quanti libri ci sono in classe, a casa, sul comodino? Quanto tempo dedichiamo a osservare la natura e quanto lo schermo? La scuola fa amare la lettura a chi non sa cosa sia? Perché non inserire, lo dico da anni, almeno un’ora settimanale di lettura ben fatta?

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