Cronaca

Alzheimer, ricercatori italiani scoprono l’anticorpo della speranza

Una speranza nella lotta contro l’ Alzheimer. Una speranza targata Italia. I ricercatori della Fondazione EBRI Rita Levi Montalcini hanno individuato l’ anticorpo A13. L’anticorpo che ringiovanisce il cervello favorendo la nascita di nuovi neuroni. In questo modo si contrasterebbero i difetti che accompagnano le fasi precoci della malattia.

Lo studio è stato effettuato su topi che, così trattati, hanno ripreso a produrre neuroni ad un livello quasi normale. Recuperando dell’ 80% i difetti causati dalla patologia di Alzheimer nella fase iniziale.

La premessa è che in una fase molto precoce della malattia di Alzheimer si riducono i nuovi neuroni nel cervello adulto (neurogenesi). Questa alterazione è causata dall’ accumulo nelle cellule staminali del cervello di aggregati altamente tossici della proteina beta Amiloide, chiamati A-beta oligomeri. Il team è però riuscito a neutralizzare gli A-beta oligomeri nel cervello di un topo malato di Alzheimer introducendo l’ anticorpo A13 all’ interno delle cellule staminali del cervello, riattivando la nascita di nuovi neuroni e ringiovanendo così il cervello.

I ricercatori Raffaella Scardigli e Giovanni Meli, spiegano lo studio.«Da una parte dimostriamo che la diminuzione di neurogenesi anticipa i segni patologici tipici dell’ Alzheimer, e potrebbe quindi contribuire ad individuare tempestivamente l’ insorgenza della malattia in una fase molto precoce; dall’ altro, abbiamo anche osservato in vivo, nel cervello del topo, l’ efficacia del nostro anticorpo nel neutralizzare gli A-beta oligomeri proprio all’ interno dei neuroni».

Questa ricerca pone dunque le basi per lo sviluppo di nuove strategie utili per la diagnosi e la terapia di questa malattia neurodegenerativa. «Riuscire a monitorare la neurogenesi nella popolazione adulta offrirà in futuro un potenziale strumento diagnostico per segnalare l’ insorgenza dell’ Alzheimer in uno stadio ancora molto precoce, cioè quando la malattia è clinicamente pre-sintomatica.

La scoperta offre grandi prospettive di applicazione nonostante sia stata sperimentata solo sui topi. Nel mondo infatti sono circa 46 milioni le persone colpite da demenze, il 50-60% delle quali soffrono di Alzheimer. E in Italia, ottava tra i paesi con il maggior numero di persone affette, si stimano 1,4 milioni di malati, oltre 600.000 dei quali colpiti da Alzheimer.

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