AperturaCopertinaCronacaGENERICINewsPRIMO PIANOULTIMEUncategorized

I giovani non sanno cosa fare da grandi: poche idee chiare, paura di lasciare l’Italia e carenza di un vero orientamento post scolastico tra le motivazioni

Un sondaggio condotto da CNC Media su un campione di oltre 60.000 votanti under 35 fa emergere un problema diffuso per le nuove generazioni: tra ciò che viene insegnato agli studenti e le reali esigenze del mondo del lavoro

Un sondaggio condotto da CNC Media sulla sua community Instagram, seguita da un milione di follower, ha rivelato che il 44% dei giovani non aveva le idee chiare su cosa voleva fare da grande. Il 24% ha cambiato obiettivo ma si sente soddisfatto, il 18% fa altro e il 14% fa quello che sognava. Questi dati emergono da una serie di domande proposte nelle stories della pagina, a cui hanno risposto oltre 60 mila votanti di età compresa tra i 18 e i 35 anni.

Nel corso della vita, siamo chiamati a prendere decisioni che influenzano il nostro futuro. Tra queste, la scelta di cosa fare da grandi è fondamentale, così come la scelta del percorso di studi. Non è raro che durante questo processo complesso e ponderato emergano ripensamenti, incertezze e dubbi.

Francesco Brocca di CNC Media commenta: “La realizzazione personale non si limita al guadagno, ma deriva anche dalla soddisfazione di fare ciò che ci appassiona. Il 31% degli intervistati si dichiara soddisfatto del proprio lavoro pur avendo seguito un percorso di studi non affine, mentre il 18% non è soddisfatto della propria carriera pur facendo quello per cui ha studiato. Tuttavia, la necessità di un sostentamento economico spesso costringe i giovani a fare compromessi, scegliendo un percorso di carriera che non li appaga pienamente, ma che garantisce equilibrio e indipendenza”.

Il disallineamento tra la scuola e le reali esigenze del mondo del lavoro è un problema. Nonostante la sfiducia, il 55% dei giovani vorrebbe lavorare all’estero ma troverebbe difficile lasciare l’Italia. Il 30% ha scelto di lavorare nel proprio paese e solo il 15% è andato all’estero. Quasi la metà degli intervistati ritiene che la scuola si concentri solo sulla maturità e non li prepari a quello che li aspetta dopo, come l’università e il lavoro. Un 35% afferma che esiste un orientamento post-scolastico ma che potrebbe essere migliore. Solo il 7% ritiene che gli abbia permesso di avere le idee più chiare su quale percorso universitario intraprendere, mentre solo il 4% lo ritiene importante per la scelta del lavoro.

Molti cambierebbero percorso di studi se potessero tornare indietro, non si sentono soddisfatti del lavoro pur facendo quello per cui hanno studiato. La professione viene vista dalle nuove generazioni principalmente come una fonte di reddito, mentre gli aspetti più considerati in un colloquio, dopo il trattamento economico, sono la disponibilità di tempo libero e la flessibilità oraria per godersi familiari e amici.

Il benessere psicologico prioritario rispetto alla carriera

È interessante notare come, nonostante la forte individualità della società negli ultimi anni, il benessere psicologico sia un aspetto prioritario rispetto alle generazioni precedenti. Il dato più eclatante del sondaggio mette in luce come ben il 77% dei giovani intervistati lo ritiene fondamentale. I giovani non hanno alcuna intenzione di guardarsi allo specchio e riconoscersi scontenti, e per non farlo richiedono modalità di lavoro più flessibili, smart working o lavoro ibrido (più della metà della Gen Z e dei Millennial ritiene infatti che l’hybrid work sia positivo per la salute mentale), settimane lavorative di quattro giorni e maggiori opportunità e avanzamenti di carriera anche per chi sceglie orari ridotti.

Non mancano i giovani lavoratori che vogliono guadagnare e avere successo, il 23%, e che sono disposti a rinunciare al loro benessere pur di ottenerlo. Ma sono in minima parte.

Questi principi influenzeranno senza dubbio il concetto di studio e lavoro nel prossimo decennio e probabilmente per le generazioni a venire. È emerso che, a fronte di tanta incertezza, manca un reale supporto che vada dalla scuola fino al posto di lavoro, che nell’immaginario deve essere un luogo che rispetti le esigenze individuali, favorisca le conversazioni aperte e in cui ogni persona possa sentirsi bene.

Articoli correlati

Back to top button