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La scuola secondo Calenda: tempo pieno per tutti. Ma dimentica la legge

Carlo Calenda presenta il suo nuovo movimento politico. Lo fa parlando anche di scuola. Batte così su un chiodo fisso, quello dell’educazione. Snodo fondamentale per ogni società che vuole evolvere. E ne parla accalorandosi sempre. Spiegando che l’unica strada per la riscossa meridionale è rappresentata dalla scuola. E snocciola alcune ricette. La principale riguarda il tempo pieno.

«Al Sud i ragazzi devono stare a scuola fino alle 16.30, dove lo Stato li tiene accuditi a fare sport, lettura e educazione civica. Non lo abbiamo mai fatto perché al Sud le famiglie non vogliono che i ragazzi vadano a scuola il pomeriggio, non me ne frega niente, ci devono andare».

«Il Sud non può essere figlio di un dio minore, dobbiamo investire a partire dalla scuola. Dobbiamo investire sul tempo pieno». Sul concetto nulla, da ridire. Sull’idea che il tempo pieno non si faccia al sud a causa delle mamme, un po’ meno.

In fondo il tempo pieno non è mai decollato del tutto nel nostro paese. Si fa un po’ di più al nord e nelle classi della primaria. ma il limite non è culturale, semmai strutturale. Mancano le mense, mancano gli insegnanti, mancano gli Ata, mancano i soldi. a volte mancano proprio le scuole, intese come strutture. D’altronde il fabbisogno di insegnanti sarebbe di circa 43.000 in più dell’organico attuale. Si fatica a coprire i buchi con concorsi e supplenze della scuola normale….

Calenda, poi, parla di obbligatorietà del tempo pieno. E questo, superati gli ostacoli testé citati, deve abbattere un muro bello grosso. la scelta allo stato non si può imporre, lo dice la legge. Occorrerebbe una nuova legge, una nuova riforma della scuola. Ancora più drastica e dirompente delle passate.

Forse Calenda ha iniziato una battaglia meritevole, ma a dir poco improba.

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