Opinioni

Segre, Camilleri e Giardina scrivono a Bussetti: “Salviamo la storia a scuola, ne va della democrazia”

E’ Marco Bussetti, ministro della pubblica istruzione, il primo destinatario del ‘Manifesto’ lanciato oggi su La Repubblica da Andrea Giardina Liliana Segre e Andrea Camilleri. I tre intellettuali fanno appello al capo del Miur e agli organi preposti perché venga salvaguardato e rilanciato lo studio della storia a scuola.

Conoscenza in pericolo

Lo storico italiano, la senatrice a vita che ha vissuto sulla sua pelle l’esperienza dei lager nazisti e il papà del commissario Montalbano lanciano un monito di grande potenza. La chiamata alle armi della storia si rivolge “a tutti i cittadini e alle loro rappresentanze politiche e istituzionali per la difesa e il progresso della ricerca storica in un momento di grave pericolo per la sopravvivenza stessa della conoscenza critica del passato e delle esperienze che la storia fornisce al presente e al futuro del nostro Paese”.

Il pericolo è quello del riproporsi di dinamiche infauste che sembrano lontane nel tempo. Con la storia ridotta a spazi sempre più risicati “non dobbiamo stupirci se dei ragazzi scherzano allegramente sui binari dei deportati di Auschwitz. Né dobbiamo stupirci se i negazionisti dell’Olocausto prendono sempre più piede”.

Appello a Bussetti: più storia a scuola

Le tre grandi personalità rilevano anche un dato assai evidente nel dibattito pubblico recente. E’ in atto, infatti, quella che si può definire una vera e propria criminalizzazione della competenza. E’ facile, infatti, osservare “sentimenti di rifiuto e diffidenza nei confronti degli ‘esperti’, a qualunque settore appartengano, la medicina come l’astronomia, l’economia come la storia”.

Il messaggio diretto al Governo, e al ministro Bussetti, riguarda l’esame di maturità. Il testo chiede in modo cristallino “che la prova di storia venga ripristinata negli scritti dell’esame di Stato delle scuole superiori. Le ore dedicate alla disciplina nelle scuole vengano incrementate e non ulteriormente ridotte. Che dentro l’università sia favorita la ricerca storica, ampliando l’accesso agli studiosi più giovani”.

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