Opinioni

Galimberti sbaglia, dimostra di conoscere poco la scienza e l’informatica

Galimberti sbaglia, dimostra di conoscere poco la scienza e l’informatica
Oltre ad amare l’informatica come disciplina, per me è stata sempre fonte d’ispirazione, oltre che strategia di pensiero.
L’informatica è una scienza, non una qualunque disciplina tecnica, basta pensare alla famosa frase di Edsger Dijkstra (matematico olandese, uno dei padri dell’informatica): “l’informatica non riguarda i computer più di quanto l’astronomia riguardi i telescopi“.

Per questo voglio provare ad esaminare l’articolo del prof. Galimberti, soffermandomi sulle frasi cruciali, a partire dal titolo.

L’informatica svilisce l’intelligenza, professori usate meno il computer

Qui si fa un’enorme confusione tra la disciplina e il mezzo. È l’utilizzo del computer, quindi, a svilire l’intelligenza? E perché? Questo viene spiegato dicendo che “Internet fornisce […] un’infinità di informazioni slegate tra loro, ma non regala senso critico”, concetto che viene menzionato subito dopo un’altra frase, tutta da rimettere in discussione:

Gli studenti, nativi digitali, ne sanno più di chi dovrebbe insegnare loro l’informatica
Come può uno studente che utilizza smartphone e tablet saperne di più rispetto a chi ha una laurea in informatica o ingegneria, con almeno 5 anni di studi accademici? Non si può svilire una scienza associandola al banale utilizzo di un mezzo. Come se volessimo banalizzare il lavoro degli ingegneri meccanici perché tutti sappiamo guidare un’automobile. Il concetto è quello.

Il linguaggio si è impoverito […] E la scuola è il luogo dove riattivare il pensiero

Su questo concetto, in effetti, il prof. Galimberti ha ragione: la scuola deve riattivare il pensiero, ma i contenuti a cui i ragazzi accedono quotidianamente non sono controllati dalla scuola, ma è la famiglia a doversene occupare: le lettura di libri e romanzi, piuttosto che di post sgrammaticati sui social network, sarebbe un’ottima cura.

Dopo una dissertazione sulle intelligenze ed un presunto “blocco dell’intelletto” causa dell’informatica, chiudiamo con:

In informatica devi trovare la soluzione secondo il programma informatico, altre possibilità non sono previste. Un metodo che svilisce l’intelligenza, trasformandola in esecutiva e non sviluppandone la parte creativa
La verità, piuttosto, è al contrario: l’informatica permette di sviluppare un’intelligenza sia convergente, per la risoluzione di quel determinato problema, ma nel modo più generico e riutilizzabile possibile, sia divergente, per trovare una soluzione ottimizzata, veloce, efficiente, che non solo sia in grado di “generare un output”, ma che trasformi questo output in un input riutilizzabile da altri processi di elaborazione (per farla semplice: se pasta di grano duro, pomodoro, sale e olio sono input che possono essere “elaborati” in un output rappresentato da un bel piatto di pasta al sugo, questo a sua volta diventa un input per “risolvere” un attacco di fame a pranzo).

Riassumendo, noi informatici siamo abituati a trovare, di fronte al problema, oltre ad una possibile soluzione, quella ottimizzata: non ci focalizziamo su “come risolvere il problema” ma anche sul “come automatizzare i passi” per raggiungere la soluzione, reiterandoli.

Probabilmente la “visione” del prof. Galimberti è legata semplicemente all’utilizzo meccanico dei dispositivi, che obbliga l’utente a svolgere un certo compito in un certo modo.

Ma quella non è informatica.

Armando Pagliara

Articoli correlati

Back to top button