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Polemiche sul decreto progressione di carriera dei docenti attraverso la formazione in servizio. Sindacati e Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione chiedono il ritiro

Il Governo ha recentemente presentato un decreto che mira a riformare la carriera degli insegnanti, basandola sulla formazione in servizio. Tuttavia, questa mossa ha suscitato l’opposizione dei sindacati e del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione.

Il decreto e la sua portata

Il decreto, firmato dai ministri dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, e dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, stabilisce le modalità di valutazione delle conoscenze e delle competenze acquisite dai docenti attraverso percorsi triennali di formazione incentivata. L’obiettivo è introdurre una progressione di carriera per gli insegnanti. In pratica, i docenti che parteciperanno a percorsi triennali di aggiornamento e riceveranno una valutazione positiva beneficeranno di un incentivo economico sullo stipendio.

Questo provvedimento era previsto dal decreto-legge 36/2022, con cui il governo Draghi ha riformato la formazione iniziale, l’abilitazione all’insegnamento, il reclutamento e la formazione in servizio degli insegnanti della scuola nell’ambito del Pnrr.

Come funziona

I docenti che aderiranno alla proposta di aggiornamento, attualmente su base volontaria per coloro che sono stati assunti negli anni precedenti, e coloro che si sono formati come tutor dell’orientamento guadagneranno di più rispetto agli altri colleghi. Potrebbero anche accedere a posizioni di carriera altrimenti precluse ai docenti non aggiornati.

Coloro che desiderano aggiornarsi seguiranno corsi di formazione triennali. Dopo ogni anno e alla fine del triennio di formazione, questi docenti saranno sottoposti a una valutazione da parte del Comitato di valutazione della scuola stessa. In caso di valutazione positiva, il docente avrà diritto a un incentivo di 5.650 euro, che tuttavia potrà essere assegnato a non più di 8.000 docenti in tutta Italia, circa uno per istituto.

Le critiche

Il Consiglio Superiore, l’organismo collegiale più alto della scuola italiana, ha sollevato alcune obiezioni. Secondo loro, la valutazione introdotta dal decreto è generica, poco chiara e incongruente. Nel decreto si parla di “una non meglio esplicitata condotta professionale del docente” che ha svolto la formazione e della sua “capacità di incrementare il rendimento degli alunni, di promuovere l’inclusione e le esperienze scolastiche”. Questi elementi, secondo gli esperti, trasformano il tutto “nella valutazione dell’attività del docente”, stravolgendo completamente il senso stesso del percorso di formazione volontaria. Nonostante queste critiche, è probabile che il ministero continuerà a perseguire la sua strada, rendendo operativa la riforma. (fonte La Repubblica)

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