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Suor Anna Monia Alfieri: “Andare a scuola e uscire imparati”

“Andare a scuola e uscire imparati” Ed. Il Timone 2023, vuole essere un testo agile, rivolto a studenti, genitori, docenti, ma anche a tutte le persone che sono interessate al bene della società, di oggi e di domani. Parlare di scuola significa, infatti, pensare al domani della nostra umanità.

Ciò che mi ha spinto a raccogliere, in un unico testo, le mie riflessioni che, negli anni, ho maturato, è stato il solo desiderio di offrire qualche suggerimento ai miei venticinque lettori, così che questo volumetto diventi occasione dalla quale possa scaturire una ulteriore riflessione condivisa sul mondo della scuola che, a volte o, meglio, troppo spesso, può assumere l’aspetto a chi vi si accosta di una vera jungla nella quale è difficile orientarsi. Perché una jungla? Il motivo è questo: assai frequentemente, negli anni, ma ancora oggi, si pensa alla scuola come a un luogo asettico, destinato al solo apprendimento delle competenze.

Tutto è ridotto al saper fare. Le dimensioni del sapere, in quanto tale, e del sapere essere sono considerate logiche passate, anacronistiche. E il risultato di questo modo di intendere la scuola e il suo compito è sotto gli occhi di tutti, nelle problematiche che attanagliano buona parte, non tutta, del mondo giovanile.

Ma anche quello degli adulti. Credo, dunque, che sia arrivato il momento di invertire, finalmente, la rotta, di cambiare la mentalità.

L’aspetto che potrebbe essere definito funzionale della scuola non può e non deve essere l’unico: essa, al contrario, deve essere il luogo della cultura (la cultura è vera solo se incontra la vita, solo se diventa una proposta spendibile per la collettività, ricordiamolo), della trasmissione del sapere attraverso lo scambio intergenerazionale, della relazione, tra compagni, docenti e genitori, perché solo da una relazione sana, costruita sul rispetto dei diversi ruoli, può scaturire l’occasione per un reale apprendimento.

Sono infatti convinta del fatto che la scuola sia ormai, nella nostra epoca, divenuta l’unica agenzia educativa di massa, ossia l’unica dalla quale tutti devono passare, mi si passi questa espressione.

E’ sempre stato così, certo, a scuola andavano tutti. Ma un tempo non era l’unica. Ora lo è diventata a seguito delle trasformazioni economiche e culturali che hanno investito la nostra società.

Certamente la nostra contemporaneità è intessuta da una fitta trama di agenzie educative: pensiamo a quelle legate alle parrocchie, ai movimenti ecclesiali, alle diverse associazioni del volontariato.

Queste agenzie educative, tuttavia, non intercettano tutti i giovani, ne intercettano una parte, a vario titolo interessata. Se vogliamo, dunque, educare i giovani per cambiare la nostra società, non abbiamo alternative: occorre intercettarli là dove si trovano, ossia nelle classi o nelle aule universitarie. Dalla classe e dall’aula passa il rinnovamento della società.

Non sembrino queste parole dettate dalla retorica. Se la scuola funziona, la società progredisce nel bene. E qual è il compito della scuola se non formare i giovani, in una prospettiva integrale, perché siano in grado di migliorare la società? Se non si accetta la scommessa del cambiamento, del miglioramento, a cosa serve la scuola? A nulla.

Pertanto, attraverso l’apprendimento, compito della scuola deve essere la formazione: attraverso le discipline, attraverso i diversi saperi, attraverso le competenze acquisite, la persona dello studente, in una dinamica di libertà, deve essere formata ad affrontare le sfide cui sarà chiamata a dare una risposta. Sottolineo fin da subito i due concetti che ho sopra richiamato: persona e libertà.

Senza il rispetto della persona, senza la logica della libertà dell’individuo di accettare o meno una proposta educativa, non può realizzarsi alcuna esperienza di apprendimento.

Tutto ciò che non rispetta persona e libertà è imposizione. E ciò che è imposto non diventa sale per la terra, non diventa occasione di miglioramento.

Al contrario, nel rispetto della libertà la scuola formerà, come è giusto che sia, alla responsabilità, per sé e per gli altri. Apprendimento personalizzato come metodo, libertà come logica fondante e responsabilità come fine: ecco i tre cardini di una scuola che guarda al futuro, capace di raccoglierne le sfide e volgerle al bene.

Diversamente tutto perde il proprio significato e ci si riduce al nulla, e si ricade nello stesso comportamento del padre di Gertrude con le misere conseguenze della nota vicenda. Quod Deus avertat!

Avvertimento al lettore: le pagine del libro “Andare a scuola e uscire imparati” parlano di scuola e parlano della società, in un reciproco scambio e in una continua interazione. Ho volutamente alternato temi più strettamente riguardanti la scuola italiana con altri di analisi di alcune caratteristiche della nostra epoca.

Scuola e società, istituzione e contesto sono due facce della stessa medaglia e, in quanto tali, vanno analizzate, a respiro alternato, nel loro rapporto e nel loro mutuo scambio.

Sr Anna Monia Alfieri

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