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Scuola, prima mossa di Draghi. Laureati, Italia maglia nera d’Europa. Nord-Sud, abisso

Il nuovo Governo ha prima di ogni cosa il compito di riformare totalmente la scuola.

Mario Draghi, nuovo presidente del Consiglio, avrà tanto da lavorare sul versante scolastico. Serve un programma di riforma radicale. Dopo il discorso al Senato servono azioni concrete.

Il progetto più immediato e semplice – scrive il Corriere.it – sembra quello della riforma degli istituti tecnici superiori per i quali già il governo precedente aveva immaginato di investire 1,5 miliardi del Next Generation Eu. Sigla fino a tre giorni fa sconosciuta ai più, gli Its non sono gli istituti tecnici industriali ma percorsi post diploma di maturità, paralleli alla laurea e ad essa alternativi.

Gli Its – scrivono Gianna Fregonara e Orsola Riva – sono nati circa dieci anni fa dalla collaborazione fra scuole, università e aziende del territorio e hanno l’obiettivo di formare – in un corso biennale o triennale – quadri intermedi super specializzati spesso più ricercati degli stessi laureati dalle piccole e medie imprese.

Gli indirizzi di studio vanno dalla meccatronica alle nuove tecnologie del Made in Italy, hanno tassi di occupazione sopra l’80 per cento, ma continuano ad essere poco più che un esperimento. Gli iscritti sono meno di 20 mila contro i 400 mila francesi che conseguono un «brevet» o un «diplôme de technologie» e il milione di tedeschi delle «Fachhochschule».

ITALIA MAGLIA NERA IN EUROPA PER NUMERO DI GIOVANI LAUREATI

Se oggi l’Italia è maglia nera in Europa per numero di giovani laureati, è anche per la penuria di percorsi professionalizzanti come questi. Ma decuplicare gli studenti in cinque anni, come è previsto dall’ambizioso programma di rilancio, non sarà semplice:

innanzitutto sarà necessario sciogliere il nodo del rapporto con l’Università e stabilire degli standard di preparazione e di organizzazione che garantiscano la stessa qualità in tutto il Paese senza perdere quella flessibilità organizzativa che li rende così adattabili alle esigenze del mercato del lavoro.

E soprattutto andrà inventata una formula efficace per poterli far crescere anche al Sud. Serve dunque molto di più di questo miliardo e mezzo: per imporre questo modello di scuole di specializzazione ci vogliono una volontà e una capacità riformatrice che finora non ci sono state.

UNO STUDENTE SU SEI NON RAGGIUNGE NEMMENO LA MATURITA’

Ma non basta: quasi uno studente su sei non raggiunge nemmeno il traguardo del diploma di maturità. E chi ci arriva ha una preparazione talmente scarsa da non essere appetibile per il mondo del lavoro. Da qui al triste primato italiano di oltre due milioni di giovani che non studiano e non lavorano il passo è breve.

Secondo le ultime rilevazioni Invalsi (2019), un maturando su quattro possiede capacità linguistiche scadenti o molto scadenti. E in matematica uno su tre non arriva alla sufficienza.

Un ritardo che colpisce il Sud molto più del Nord e gli istituti tecnici e professionali più dei licei. Eppure gli strumenti per intervenire ci sarebbero già: per esempio, grazie alle rilevazioni sugli apprendimenti da parte di organismi come l’Invalsi, siamo in grado di sapere con precisione da orologiaio che cosa manca agli studenti deboli. Potremmo cioè cambiare il loro percorso scolastico e la loro vita.

Ma di nuovo, i dati e le idee non bastano: il ritardo nel riformare la scuola italiana è figlio di uno scontro ideologico, di rigidità irragionevoli che spingono alla conservazione, della mancanza di coraggio e di visione da parte di chi ha responsabilità.

Questo governo – conclude il Corriere – ha una maggioranza tra le più larghe della storia, i leader politici hanno promesso di abbassare le armi, il Covid ha esasperato le diseguaglianze ma ha anche mostrato che insegnanti e studenti sanno mettersi in gioco. È un’occasione da non perdere.

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