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Bonus formazione, il Miur cambierà tutto. Ma in busta paga non conviene, ecco perché

Bonus formazione, la carta del docente non va: troppi tablet, pochi corsi. Ecco il piano del Miur

Al portale della formazione si iscrivono pochi docenti, poco più della metà. Così il bonus  formazione, fino a oggi poco interessato dal dibattito sulla scuola, torna prepotentemente alla ribalta. E con essa anche l’utilizzo della carta del docente, i 500 euro annui utilizzabili proprio per la formazione.

Tra le priorità, quindi, del  ministro affiora anche questo tema. La Azzolina pare più che intenzionata a mettere mano.

La legge 107/2015 sulla Buona Scuola prevede infatti al comma 115: «Il personale docente ed educativo è sottoposto al periodo di formazione e di prova, il cui positivo superamento determina l’effettiva immissione in ruolo». E poi al comma 124 definisce la formazione in servizio «obbligatoria, permanente e strutturale».

Ma i numeri sono sconfortanti. Solo 381.000 docenti si sono iscritti al portale Sofia. Ma in cosa consiste il pacchetto formazione?

Oltre a 150 ore di permessi retribuiti, per aggiornarsi, i prof possono contare su un bonus di 500 euro annui. Ma finora lo hanno utilizzato soprattutto per comprare tablet e Pc. Dei 315 milioni di importi validati per acquisti nell’anno scolastico 2018/19 oltre 210 milioni (vale a dire i 2/3) hanno riguardato la voce hardware e software. Mentre le risorse andate a libri e corsi si sono fermati a 94 milioni (pari al 29%). In crescita rispetto ai 91 milioni (pari al 26%) del 2017/18 e ai 55 (il 21%) del 2016/17, non così tanto da poter considerare ormai consolidata l’idea che la formazione in servizio è un dovere di ogni docente, e non l’ennesimo adempimento burocratico.

Quali allora le strategie che potrebbe mettere in campo il Miur? Allo stato sembrerebbero ristrette a due le ipotesi.

La prima ipotesi al vaglio vorrebbe vincolare i 500 euro alla formazione, magari anche decurtandone l’importo. Ciò significherebbe addio all’acquisto di tablet e pc, con conseguente eliminazione della possibilità di aggirare l’uso dei voucher acquistando arricciacapelli o smartphone.

La seconda ipotesi vorrebbe la confluenza della cifra direttamente nello stipendio dei docenti per raggiungere la famosa cifra di 100 euro di aumento. Cifra che, con molta probabilità, rimarrebbe una chimera, dato che l’uso della Carta docente nello stipendio significherebbe una tassazione che ne farebbe perdere fino al 43% del valore, per un totale netto percepito di 12 euro al mese.

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