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Prof sospesa, nonostante le promesse di Salvini e Bussetti il provvedimento non è stato revocato

Prof sospesa, nonostante le tante promesse e le dichiarazioni pubbliche di solidarieta’ non si e’ trovata la soluzione “tecnica” che avevano auspicato i ministri Salvini e Bussetti.

La docente dell’Istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III di Palermo era stata sospesa per 15 giorni dall’insegnamento e dallo stipendio per “omesso controllo”. A causa di una ricerca in PowerPoint presentata dagli alunni della II E informatica. Nella ricerca avevano paragonato le leggi razziali del ’38 al decreto sicurezza del ministro dell’Interno Salvini.

Domattina gli avvocati della docente Fabrizio La Rosa e Alessandro Luna, quest’ultimo anche figlio della docente, presenteranno alla sezione Lavoro del tribunale di Palermo il ricorso per chiedere la dichiarazione di illegittimita’ del provvedimento disciplinare.

La soluzione in via extragiudiziale per chiudere il caso non e’ stata trovata con il ministero dell’Istruzione in quanto l’unica persona che puo’ revocare la sanzione e’ il dirigente dell’ufficio che l’ha firmata. Si tratta del provveditore agli studi di Palermo, Marco Anello.

PROF SOSPESA, PARLANO I LEGALI

“Ci dispiace anche perche’ in giudizio i tempi si allungano, ma il ricorso e’ assolutamente fondato e arriveremo alla revoca della sanzione”, dice all’ANSA l’avvocato Alessandro Luna. “Ma non esiste altra soluzione – aggiunge il legale – per cui dobbiamo ricorrere al giudice perche’ la soluzione extragiudiziale ipotizzata per far dichiarare illegittima la sanzione e privarla di tutti i suoi effetti giuridici. Non e’ perseguibile”.

Secondo quanto spiega l’avvocato Luna “per evitare il ricorso avrebbe dovuto essere lo stesso Anello a riconoscere l’illegittimita’ della sanzione, un assurdo. La persona che dovrebbe revocare il provvedimento e’ la stessa che lo ha emesso”.

Nel ricorso, di una quarantina di pagine, gli avvocati Luna e La Rosa sottolineano l’illegittimita’ della sanzione per la violazione degli articoli della Costituzione, della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e della stessa Dichiarazione sui diritti dell’uomo e chiedono il risarcimento di 10 mila euro “o nella minore o maggiore misura che il giudice riterra’ equo” per danno all’immagine e alla reputazione professionale.

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