Focus

La prof migliore d’Italia va in pensione: “Non si può scaricare sui docenti tutto ciò che non funziona nella società”

“Ogni santo giorno mi sono chiesta: come posso suscitare in questi ragazzi un po’ di curiosità e il desiderio di pensare e riflettere su se stessi?”: Maria Franco, da 35 anni insegnante di italiano, storia, educazione civica dell’Istituto penale minorile di Nisida, Napoli, va in pensione.

Nel 2017 e’ stata tra i 5 docenti vincitori dell’Italian teacher prize 2017. Per una delle migliori professoresse d’Italia questi sono dunque gli ultimi giorni di scuola. Ha sempre insegnato a Nisida: ha conosciuto generazioni di ragazzi e adolescenti “sbandati”. “Ho sempre sentito una senso di inadeguatezza verso le storie e i vissuti di questi ragazzi -racconta-. Sono storie che mi porterò per sempre nel cuore. E mi interrogheranno per sempre. Anche perché molte di queste storie le trovo inaccettabili per una Repubblica democratica. Non dovrebbero esistere situazioni cosi’ drammatiche. Uno Stato democratico dovrebbe essere in grado di prevenire”.

Maria Franco e’ una donna minuta con un piglio deciso

“Con i ragazzi non sono stata mai materna, ma questo non mi ha mai impedito di avere un rapporto reale con loro -aggiunge-. Sanno cogliere subito se ci tieni alla loro vita e al loro futuro, se hai fiducia in loro. Sono convinta che sono ragazzi fortemente condizionati dall’ambiente in cui sono cresciuti e vivono. Hanno commesso reati senza una effettiva liberta’ di scelta. Certo, ciascuno deve assumersi la responsabilità di quello che fa, ma sono anche convinta che la maggior parte di loro non abbia avuto la liberta’ effettiva di scegliere di delinquere. Il loro delinquere e’ soprattutto il risultato di una condizione di ignoranza e mancanza di altre opportunità”. Ogni volta che e’ stato possibile, Maria Franco (insieme agli altri insegnanti) ha portato i suoi alunni in visite culturali a Napoli. Non solo. L’istituto penale minorile di Nisida ospita spesso scrittori, artisti, imprenditori cosi’ che i ragazzi rinchiusi possano conoscere mondi a loro completamente sconosciuti. Dalla collaborazione tra i reclusi e gli scrittori sono nati una decina di libri. “Sono ragazzi cosi’ chiusi nel loro mondo che non sanno quanta storia e bellezza ci sia a Napoli -sottolinea-. Qualche volta capita che mi dicano: io abito nel quartiere qui vicino, ma non sapevo che esistesse una chiesa o un museo cosi’ bello. Ecco, questo ho cercato di fare sempre: cercare di aprire gli orizzonti di questi adolescenti”.

Insegnare a Nisida non e’ facile, occorre inventarsi sempre un modo per conquistare i ragazzi

“Prendi un sedicenne che già perché e’ in carcere non ha gran voglia di ascoltarti e che di solito ha brutte esperienze di scuola con bocciature o espulsioni – spiega Maria Franco -. Cosa puoi fare come insegnante? Cerchi di fargli venire curiosità di carattere culturale. Come? Leggendogli una storia a partire da qualcuno dei suoi interessi: prendi il testo di una canzone del suo cantante preferito, oppure la biografia di un campione dello sport…Lo porti insomma ad ascoltare storie. Io leggo molto in classe, perché’ puoi riuscire a prendere l’attenzione di questi adolescenti se hai storie belle che li coinvolgano. E poi da li’ cominci a spaziare un poco, arrivando magari a raccontare loro la storia di Nisida o di Napoli. Inoltre, inizio ogni anno scolastico con la lettura della Costituzione, in particolare degli articoli sulla scuola e sul carcere. Voglio far capire loro che hanno diritti e che noi siamo li’ in carcere per tutelarli. Sono ragazzi che si sentono predestinati a delinquere, perché intorno hanno visto solo persone che delinquono. Il nostro sforzo e’ far capire loro che non e’ cosi’. Alcuni riescono ad uscirne. Hanno tutta la mia ammirazione, perche’ comporta per loro uno sforzo enorme, devono ‘tradire’ il loro ambiente”.

In 35 anni di insegnamento sono cambiate molte cose a Nisida

“È cambiato il codice penale minorile: prima c’erano sia i ragazzi di sistema, ossia quelli che commettono reati gravi nell’ambito della sub cultura camorrista, ma anche quelli per piccoli furti. Ora in carcere arrivano solo quegli adolescenti autori di reati gravi. Quando ho iniziato negli anni ’80 a insegnare i ragazzi non avevano problemi di droga. A cavallo tra la fine degli anni ’90 e il 2000 abbiamo cominciato ad incontrare adolescenti fortemente condizionati dall’uso di droghe. In questi ultimi poi abbiamo visto i ragazzi che appartengono alle cosiddette baby gang”. C’e’ pero’ un filo conduttore che unisce queste diverse generazioni. “Sono ragazzi che provengono da situazioni in cui la famiglia non esiste, con padre o madre in carcere (e a volte entrambi) in carcere. In altri casi e’ stato lutto pesantissimo, come la morte della madre mentre magari il padre era in carcere, che ha scombussolato equilibri già precari. Sono quindi ragazzi cresciuti senza riferimenti forti di adulti, con il bisogno di affermare una loro strada o un loro modo di esistere. Non hanno mai avuto riferimenti positivi. Quando un bambino di 8 anni perde la madre e di fatto si ritrova a vivere in strada perché il padre e gli altri parenti sono assenti, come si può pensare che non finirà’ in carcere? Sul piano morale e’ una responsabilità di tutta la società'”. A Nisida arrivano adolescenti che quasi sempre hanno abbandonato la scuola o ne sono stati espulsi.

Dove sbaglia la scuola?

“Immagino che i loro insegnanti non potevano fare molto di più’. Avevano anche tanti altri alunni. E mai potremo sapere quanti ne hanno comunque salvati. Vediamo solo chi si e’ perso per strada. Non possiamo pensare che tutte le situazioni sociali tragiche possano essere risolte dagli insegnanti. Non possiamo scaricare sui docenti tutto ciò che non funziona nella società. Certo anche nella scuola ci sono molte cose da migliorare. A partire proprio dall’edilizia scolastica. Spesso le scuole sono brutte e mal tenute: banchi scassati, laboratori inagibili… Le scuole dovrebbero essere belle, colorate. Dovrebbero essere luoghi accoglienti, in cui i ragazzi si sentano bene. Ma non sempre e’ cosi’, purtroppo”. Un pensiero, Maria Franco, lo dedica anche alla professoressa di Palermo, sospesa perché’ per un lavoro dei suoi alunni in cui hanno paragonato il decreto sicurezza alle leggi razziali. “È demoralizzante, e’ una storia che fa cadere le braccia. L’unica cosa che mi sento di dire e’ che sono ancora più’ convinta che ciascuno di noi deve fare il proprio dovere in coscienza. E non avere paura”.

Leggi qui altre notizie su OggiScuola

Seguici anche sulla nostra pagina social Facebook e sul profilo ufficiale Twitter

 

Articoli correlati

Back to top button