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Come sopravvivere alla fine dell’anno scolastico: i consigli della psicologa Francesca Rendine

C’è chi ha iniziato il conto alla rovescia: “Meno 16 togliendo il sabato e la domenica”, chi mi racconta di professori ed insegnanti che fissano compiti ed interrogazioni sino all’ultimo giorno, genitori che si chiedono se questa promozione arriverà, altri che pensano invece di cercare un nuovo istituto per la propria bambina, altri ancora che sperano in pochi compiti per le vacanze.

Tutti questi racconti si intrecciano in un groviglio di aspettative e bisogni che abbiamo coltivato per un intero anno, fatto di: traguardi ma anche di fallimenti , di consapevolezze positive ma anche negative di cui tutti gli attori del mondo scuola, ne sono, al contempo partecipi e fautori.

Cosa rappresenta la “fine della scuola”?

Sicuramente l’impegno di un intero anno da parte di insegnanti nel trasmettere il sapere ai loro alunni, ma anche l’impegno da chi nel suo banco ha dovuto “assimilarlo”, in ultimo, non per importanza l’impegno dei genitori nel seguire la crescita dei propri figli fornendo, lì dove necessario, un aiuto in caso di difficoltà.

Ognuno dunque ha costruito il proprio obiettivo:

 

  • l’insegnante desidera lasciare un programma ben svolto ai suoi ragazzi;
  • i ragazzi desiderano essere promossi per vedere i loro sforzi riconosciuti;
  • i genitori desiderano vedere la crescita dei propri figli anche da un punto di vista didattico.

 

Come (soprav) vivere alla fine dell’ anno scolastico

Coltivando un obiettivo comune ovvero guardando a quel groviglio di aspettative e bisogni, provando a “mettersi nei panni dell’altro”. In che modo?

 

  • Ponendosi obiettivi realistici;
  • Valorizzando le transizioni;
  • Riconoscendo la persona prima del suo ruolo;
  • Promuovendo spazi di consapevolezza sulle proprie scelte.

Porsi obiettivi realistici

E’ giusto che l’insegnante desideri portare a termine la propria programmazione didattica, ma è giusto non dimenticare che il proprio valore professionale, non sarà nella misura di quanto avrà “fatto”, ma di quanto i loro ragazzi avranno appreso.

E’ giusto che genitori e ragazzi non ricorrano ad un mese dalla fine della scuola ad interventi di supporto allo studio con la prospettiva di “salvare il salvabile”. Questo non solo non è un obiettivo realistico, visto i tempi di assimilazione che richiede un buon processo di apprendimento, ma inoltre consolida l’idea di un modo di “lavorare” sbagliato che potrebbe essere accolto dai ragazzi come un modello da riproporre negli anni successivi, garantendo al ragazzo una perdita di contenuti importanti a livello didattico, ma ancor più l’idea che apprendere sia una sterile corsa alla promozione.

Valorizzare le transizioni

E’ importante guardare al futuro, tanto quanto guardare al presente. La scuola sta per terminare ed è giusto pensare a quest’anno chiedendosi: “cosa avrei potuto fare per quell’alunno in difficoltà?”, “Ho capito come studiare meglio Scienze quest’anno!”, “Forse non ho favorito la sua responsabilizzazione sostiutuendomi nei compiti a lui!”. Stiamo nel “qui ed ora” di questo anno scolastico, ampliamo il nostro bilancio di insegnante, studente e genitore, guardando al contempo agli aspetti positivi ed a quelli negativi. Fermiamoci su questi giorni di grande impegno per tutti e rendiamo le giornate successive alla conclusione della scuola, diverse da quelle dell’intero anno scolastico.

Riconoscere la persona prima del ruolo

Pensiamo alla storia di ognuno di noi, oltre il nostro ruolo. Quando dovremmo decidere del voto in condotta di un ragazzo, pensiamo alla sua storia e se quest’anno alcune difficoltà di vita personale lo abbiano reso particolarmente “difficile” in alcuni momenti. Allo stesso modo genitori e ragazzi teniamo conto dell’immenso lavoro fatto dagli insegnanti, anche loro persone, anche loro portatori di una loro storia. Riconosciamoci a vicenda e riconosciamo il lavoro dell’altro, collaboriamo assieme affinché l’insegnamento reciproco che ognuno lascerà all’altro sarà il rispetto della persona, prima che del suo ruolo.

Promuovere spazi di consapevolezza delle proprie scelte

“Quali sono state le scelte fatte quest’anno che mi hanno aiutato nel mio ruolo di insegnante?”, “Non mi ha aiutato non fare i compiti per tanto tempo, ho poi dovuto lavorare il doppio facendo più fatica!”, “Ho dato a mio figlio gli strumenti per fargli capire che credo in lui e che può farcela, più che per la promozione!”.

Interroghiamoci sul modo in cui abbiamo fatto le cose, se abbiamo raggiunto un obiettivo più “grande” dello spiegare l’intero libro di geografia, del prendere sei o del raggiungere la promozione. Quale di questi obiettivi, comunque importantissimi, ho compreso il senso maggiore? Un “senso” fatto di prospettive diverse: dalla cattedra, al banco, al tavolo di casa.

Buon fine anno scolastico!

Dott.ssa Francesca Rendine – Psicologa

francescarendine.wordpress.com

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