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Enrico Lo Verso: “Non avevo un buon rapporto con la scuola, mi bocciavano o mi cacciavano”

“Non ho mai avuto un buon rapporto con la scuola, diciamo che mi buttano fuori o me ne vado… O mi bocciano”. A parlare è Enrico Lo Verso, noto attore siciliano tra i protagonisti di “Ballando con le stelle”. Dimostrando grande abilità, l’avvenente cineasta è riuscito a conquistare la finale del noto programma condotto da Milly Carlucci.

Enrico Lo Verso: complesso di Edipo e il gioco dell’attore

Ospite di Caterina Balivo nella trasmissione pomeridiana “Vieni da me“, Lo Verso si racconta a cuore aperto parlando della sua crescita e della sua formazione scolastica e attoriale.

“Ho un grosso complesso di Edipo – racconta – quando ero piccolo dormivo con due pupazzi. Uno era un soldatino di latta, l’altro un angelo che chiamavo Angelino”. Sollecitato sul tema dei travestimenti – un gioco abbastanza diffuso tra i bimbi – l’attore rivela che una maschera l’ha metaforicamente indossata in modo definitivo. “Se da piccolo giocavo a travestirmi? No, io vestito da Zorro sono davvero me stesso, la maschera è come mi vedete adesso. E poi mi è rimasta la sindrome di Zorro da quando ero piccolo, mi piace aiutare gli altri”.

Era il teatro, in modo quasi profetico, il gioco preferito del piccolo Enrico. “Io da piccolo giocavo al Teatro Greco – spiega – sono cresciuto a Siracusa, quello era il mio parco giochi. Un giorno mia madre mi ci portò di pomeriggio e trovai che il mio parco giochi era pieno di gente e che ci avevano costruito una città di nome Tebe. A un certo punto vedo uscire uno tutto vestito di bianco, il re Edipo, e io mi dico: ‘Anche io voglio fare questo gioco’ ed era ovviamente il gioco dell’attore. Poi, tornato a casa, ho continuato per settimane a leggere il libro e declamarne parti senza capire assolutamente niente”.

La scuola: un rapporto difficile

Il rapporto conflittuale con l’istruzione è continuato anche negli istituti di recitazione dove si è formato. ” Mi ricordo – racconta Lo Verso -che una volta una scuola di teatro ci prese in quattordici ma poi buttarono fuori solo me. All’inizio pensavo che fosse terribile ma poi mi sono ricordato che tutti quegli attori di cui leggevo fin dagli otto anni, perlomeno la maggior parte di loro era stata buttata fuori dalle scuole come me. E poi ho pensato: dentro la scuola sono rimasti in tredici ma non è che possono sfondare tutti e tredici… Hanno buttato fuori solo me, sono io quello diverso, forse a me va bene! Continuiamo!”.

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