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Cremonini: “Studiavo per la patente anziché per la maturità. Mia madre mi ruppe la chitarra sulla schiena”

Cesare Cremonini, ex leader dei Lunapop, racconta un episodio della sua adolescenza ai microfoni de “I Lunatici”, su Rai Radio2. “Avevo 17 anni – spiega – e stavo studiando per la maturità e per la patente insieme. Ero molto indeciso su quale libro aprire quella mattina. Scelsi di aprire il libro di scuola guida, nascondendolo sotto a quello di Platone. Mia madre se ne accorse, prese la chitarra che avevo accanto e me la ruppe sulla schiena. Appena lei uscì andai al pianoforte, grazie al fatto che quella chitarra fu rotta mi misi a suonare al pianoforte e mi venne in mente quel saltellato che c’è nella strofa di 50 special. Con la chitarra non mi stava venendo. Quella chitarra rotta sulla schiena ha fatto venir fuori una delle canzoni più importanti della mia carriera, la prima che ho pubblicato”.

Cremonini: da giovanilista a giovane

“Ho scritto Squerez, il primo album, quando avevo tra i 15 e i 18 anni. Quel disco ha avuto un merito, è stato di forte passaggio, mise in bocca a dei ragazzi delle parole veramente giovani e non giovaniliste. Gli anni 80 e parte dei 90 erano pieni di cantanti giovani, ma che avevano un immaginario costruito a tavolino su di loro dai grandi”.

Di recente Roberto Baggio gli ha fatto una sorpresa andandolo a trovare nel corso di un concerto: “E’ stata una cosa indimenticabile, ma grazie a Roberto, perché è una persona unica, speciale. Ha un’aura particolare, uno sguardo particolare, il suo carisma è gigantesco, quando è venuto a trovarmi, a farmi la sorpresa, mi ha spiazzato. Mi sono commosso e poi quando ho cantato sul palco la canzone in cui lo cito si è commosso lui. Mi emoziona molto, è nel mio immaginario di sempre uno dei più grandi, se non il più grande”.

Cremonini è un grande fan dei Queen: “Sono un grande amante dei Queen, ho Freddie Mercury tatuato sul braccio, devo moltissimo a loro, studiavo pianoforte classico da bambino, nelle loro canzoni la musica classica è presente ed io con loro ho capito subito che c’era una strada per trovare una soluzione alla fatica degli esercizi pianistici. Con loro potevo esercitarmi al pianoforte e allo stesso tempo guardare il concerto di Wembley. Il film Bohemian rhapsody? L’ho visto, non mi ha fatto impazzire. Io sono un fan molto integralista, ma non voglio fare arrabbiare chi ha visto il film godendoselo in santa pace”.

Rapper e trapper di oggi: rolex al polso e tanta vanità

Il cantautore emiliano non può fare a meno di paragonare il suo percorso con gli artisti emergenti di oggi. “Quando ho esordito avevo 18 anni, il primo disco che tentai di far conoscere al pubblico vendette un milione e mezzo di copie in un due anni. Rimase primo in classifica per un anno intero. Mi sono sempre reso conto di avere una grande fortuna, già all’inizio del successo mi ponevo il problema di come non perdere la testa, e la risposta è sempre stata nella scrittura. E’ lei che non mi ha fatto perdere la testa. Mi ha tenuto attaccato al mio mestiere. E poi Bologna mi ha molto protetto, magari a Milano e a Roma avrei perso un pochino più la brocca. Certo vendere un milione e mezzo di copie a diciotto anni… Oggi nessuno sa cosa vuol dire. A volte sento alcuni artisti molto giovani, tipo i rapper che hanno cinque rolex al polso, vantarsi del proprio successo o dei propri guadagni, vorrei portarli a cena un giorno e raccontargli com’è vendere un milione e mezzo di copie a diciotto anni”.

Interrogato sulla trap risponde: “Dal punto di vista artistico ci sono i più bravi e i meno bravi, certo è che si tratta di un fenomeno internazionale. L’unica cosa che è giusto far notare è che nel mondo della trap e nel mondo del rap metaforicamente parlando plagiare è lecito. Mentre io sono ancora convinto che l’intreccio magico che si crea tra parole e melodia in una canzone porti con sé una magia che difficilmente può essere pari ad altre forme di scrittura musicale. Rap e trap sanno coinvolgere tantissimo i giovani e gli artisti si coinvolgono tra di loro. Si odiano o si amano, ma interagiscono. Noi della musica leggera invece siamo tutti grandi isole, piuttosto protette, che raramente si danno una mano”.

Le canzoni: nascono di notte e sono miracoli

Poi parlato del suo rapporto con la notte: “La maggior parte delle canzoni le ho scritte di notte. I miei pezzi sono totalmente autobiografici”. La ricerca dentro sé stessi per scrivere è qualcosa di molto intimo, a volte anche pericoloso, faticoso. Ma quando incontri il pubblico e senti migliaia di persone che cantano una tua canzone che ha risolto un tuo nodo, una tua personale vicenda, è un miracolo. Può bastare una canzone per dare un senso a tutta la tua vita. Quella sensazione per me è la gioia. La felicità per me è quella. Una felicità che dura per la durata di quella canzone, poi ti lascia un grande vuoto. Una felicità che non ti dà mai la sensazione di essere in grado ancora di ripetere quel miracolo”.

“Ho avuto la fortuna di ottenere dei bei successi – conclude – ma uno può avere tanto successo, guadagnare tanti soldi, ma la verità è che il vero successo è quando credi di essere capace davvero di fare le cose. Io non ho mai avuto la sensazione di essere davvero capace. Forse è per questo che ho continuato a scrivere per così tanto tempo”.

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