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Tutti pazzi per le DADA: “Io per ora non vedo vantaggi nell’apprendimento”. La lettera di una prof

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una lettrice. Elisa Noli, docente in un IIS del Bresciano, Il Pascal di Manerbio (liceo e ITT). Istituto che da diversi anni ha adottato il progetto DADA.

“A fronte delle lodevoli intenzioni e delle  finalità sottese, che in collegio docenti avevo personalmente sostenuto,  io mi ritrovo a dover fare i conti con una serie di difficoltà pratiche che espongo di seguito:

la gestione dell’orario deve tener conto delle disponibilità dei docenti, delle classi e delle aule;

la scuola dovrebbe disporre di centinaia di armadietti necessari perché gli alunni possano riporre  giacconi, sacche, cartellette da disegno ingombranti, caschi dei motoveicoli e altri materiali che in alternativa, come da noi accade, vengono portati con sé ad ogni cambio d’ora (con le ovvie e conseguenti dimenticanze tra un’ aula e l’altra che si riflettono in permessi di uscita dalla classe, paure di aver smarrito oggetti, ecc.).

Certo, è possibile  l’acquisto e la disposizione di tali arredi, ma questo non indifferente investimento economico ed organizzativo giustifica i benefici del DADA?

Non disponendo di un numero di aule sufficienti  perché ne occorrono parecchie. Non tutti i docenti possono fruire di un ambiente idoneo all’insegnamento della propria disciplina ed attrezzato ad hoc come il progetto vorrebbe, anche in una dimensione laboratoriale. Ad esempio aule di Lettere con vocabolari grammatiche cartine… E ci si ritrova a dover condividere spazi non adatti a tutte le discipline.

Non tutti I ragazzi sentono l’aula come ambiente proprio. E quindi spesso non si riesce ad individuare  quale classe delle ore precedenti abbia sporcato il pavimento o imbrattato i banchi. Anche se l’insegnante cerca di adempiere a questo compito di sorveglianza. Diventano inoltre inservibili gli armadi di classe dove poter riporre con sicurezza libri e materiale fruibile in momenti successivi. Dato che nel corso della settimana sono decine la classi che si alternano.

Può accadere che una verifica necessiti per la conclusione di qualche minuto in più. In passato l’insegnante dell’ora seguente attendeva per poco fuori dall’aula. Ora invece si trovano venticinque ragazzi scalpitanti che magari a loro volta devono affrontare prove.

Ad onor del vero, affermo con orgoglio che nella mia scuola, frequentata da ragazzi educati e da un personale docente ed ATA attento, non si sono mai verificati incidenti legati alla sicurezza. Ma la normativa non mi è chiara. Nei quattro minuti in cui i ragazzi si spostano, spesso su distanze considerevoli, chi è responsabile della loro  sorveglianza? Chi è responsabile dell’apertura e della chiusura a chiave delle aule? Della conservazione integra di computer e LIM?

Può darsi che una attenta gestione del cambiamento sopperisca a questi inconvenienti pratici. E che i vantaggi in termini di apprendimento siano di gran lunga superiori ad essi. Io per ora non li vedo. Si potrebbe chiedere agli studenti stessi.

Invito pertanto gli ideatori del progetto a farsi carico di questi ed altri impedimenti con suggerimenti competenti.

Grazie per l’attenzione, Elisa Noli”.

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