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L’eroe del bus dirottato a Milano è Samir, 12enne di origine marocchina. Ma questo Salvini non lo dice

Si chiama Samir, ha dodici anni ed è di origine marocchina. E’ il bambino che, tenendo nascosto un cellulare, è riuscito ad evitare il peggio per sè e per i compagnetti sequestrati a San Donato Milanese allertando la Polizia. Il suo nome è Samir e le sue origini, per quanto il perfetto accento brianzolo non le tradisca, sono nordafricane.

E’ un fatto che potrebbe sparigliare le carte e non poco, dal momento che Ousseynou Sy, colui che ha dirottato lo scuolabus con 51  ragazzini di Crema a bordo, per poi dargli fuoco, è un italiano di origine senegalese. Agli occhi dei più, quindi, uno straniero, per quanto dotato di cittadinanza italiana.

La polemica

Questo fatto ha scatenato la solita polemica a sfondo razzista sui social e nel dibattito pubblico. Come se il colore della pelle – nera, in questo caso – fosse una causa sufficiente o necessaria per commettere scelleratezze del genere. L’uomo, accusato di sequestro, strage, incendio e resistenza a pubblico ufficiale, dovrà rispondere davanti al potere giudiziario delle proprie azioni. Ma in Italia c’è sempre il rischio di affiancare alla giustizia costituzionalmente riconosciuta, quella dei tribunali, anche una sorta di “giustizia mediatica”. Nel tribunale dei tweet e degli opinionisti da salotto TV passa sempre l’idea che un criminale sia un po’ più criminale qualora sia di origine straniera. Un’aggravante assente – per fortuna – nell’ordinamento giuridico reale.

Ebbene in questa dinamica non si potrà evitare – se non per calcolo politico o malafede – di menzionare anche il coraggio del piccolo Samir, straniero anche lui, che con sprezzo del pericolo ha dato l’allarme alle forze dell’ordine.

Il doppiopesismo di Salvini su Samir

La prima omissione pericolosa in questo senso arriva, manco a dirlo, dal vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, che sul suo profilo twitter posta il video in cui Samir (“piccolo eroe!”) racconta l’accaduto. Dalle mani legate ai telefoni sequestrati da Sy, alla paura a bordo. Il ministro, però, evita oculatamente di menzionarlo per nome o di far cenno alla sua origine magrebina. Lo stesso Salvini che invece, a poche ore dall’accaduto, in un altro tweet descriveva Sy come “un senegalese con cittadinanza italiana”. Come se, pur acquisendo la cittadinanza, in questo paese si rimanesse per sempre stranieri. In un certo senso.

Insomma, due pesi e due misure. Sovraesposto perchè di origine senegalese il criminale, criptato perché eroe il ragazzo di origine marocchina. La sindaca di Crema ha annunciato che conferirà una medaglia a Samir per il coraggio dimostrato. La preside dell’istituto ha parlato di “un incubo”, ricordando le urla e i pianti che si sentivano al telefono durante la chiamata.

Prove di normalità a scuola

All’istituto Vailati di Crema, sin da stamani, si sta cercando di tornare alla normalità. La madre di una ragazzina che non era a bordo del mezzo ha deciso comunque di portarla a scuola, nonostante la figlia abbia paura. “Ho deciso di portarla – spiega all’ANSA – perché a casa avrebbe guardato la tv e si sarebbe ancor più preoccupata. Questa notte non ha dormito”.

Filippo, papà di una ragazzina che frequenta la prima media, sostiene che nell’azienda di autobus per cui lavorava Sy “non si fanno controlli”. “Conosco una persona che è andata in pensione e che lavorava per un’azienda di Milano – spiega – faceva controlli sulle sue condizioni quasi ogni mese”.”E’ inaccettabile che sia accaduto questo”.

Ousseynou Sy, infatti, aveva precedenti per guida in stato di ebbrezza e altre macchie sulla fedina penale. Dovrebbe essere questo, in effetti, l’oggetto del dibattito. Non la sua origine, né quella di Samir.

Intanto alcuni dei ragazzi di seconda media che erano a bordo dell’autobus andato in fiamme a scuola ci sono andati comunque. “I professori ci hanno chiesto come stiamo e hanno sospeso le interrogazioni, anche per loro e’ stato difficile”. Sorride per l’interrogazione scampata una ragazzina della scuola media ‘Vailati’ di Crema raccontando all’AGI quella che non e’ stata un’ordinaria giornata tra i banchi.

Foto: La Stampa

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